#Mediastorm 60 – Il dilemma del pricing
Apple, Amazon, Netflix e (quasi) tutti gli altri modificano le loro "tariffe", stiamo assistendo alla più grande riorganizzazione dei prezzi al consumatore dei media digitali. Perché proprio adesso?
Dunque ricapitoliamo: da fine ottobre gli abbonamenti ai servizi digitali di Apple – ovvero Apple TV+, Apple Music e Apple One che include tutti i servizi Apple – hanno un costo maggiore. Netflix ha appena lanciato (anche in Italia) la sua nuova “storica” offerta di abbonamento a prezzo ridotto ma con pubblicità e, presto, lo farà anche Disney+, un’occasione per entrambe di rivedere la loro politica di prezzi su tutte le offerte di abbonamento.
E poi Amazon come noto da metà settembre ha attivato gli aumenti di prezzo a Prime ma, sorprendendo molti, qualche giorno fa ha annunciato che il servizio di streaming musicale incluso gratuitamente nel “pacchettone” Prime, avrà accesso all’intero catalogo (100 milioni di brani, più i podcast) di Amazon Music.
E ancora: Spotify sembra stia valutando molto seriamente di aumentare (sarebbe la prima volta) i prezzi degli abbonamenti premium negli Stati Uniti, un passaggio caldeggiato da tempo da molti dei suoi principali investitori finanziari.
Nel frattempo in molti stanno ripensando alle loro politiche sui bundle a cominciare da Warner Bros. Discovery (WBD) che dopo aver annunciato per l’estate 2023 l’intenzione di lanciare un’offerta a “pacchetto” con HBO Max e Discovery+, dopo l’ultima (decisamente negativa) relazione finanziaria sembra intenzionata ad anticipare quella data di diversi mesi.
Senza contare che nel campo dell’industria delle notizie alcune testate stanno rivedendo la loro politica sugli abbonamenti digitali, facendo qualche passo indietro rispetto alla linea “senza se e senza ma” sulla subscription economy, dando la possibilità ai lettori di leggere più articoli gratuitamente.
E poi come dimenticare Elon Musk che appena arrivato a Twitter ha annunciato di voler introdurre l’abbonamento mensile a 8 dollari/euro per i possessori della spunta blu.
Dimentico sicuramente qualcosa, ma direi che siamo di fronte a una delle più grandi riorganizzazioni dei prezzi nelle offerte dei servizi su digitale di questi ultimi anni.
La domanda a questo punto è: perché proprio adesso? Provo a mettere insieme qualche idea.
Benvenuta, benvenuto, sono Lelio Simi e questo è il sessantesimo numero di #Mediastorm una newsletter di appunti, storie, segnalazioni, dati e approfondimenti per cercare di capire come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente l’economia delle industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”). Se non lo sei già, puoi iscriverti da qui:
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Il contesto
In generale c’è da ricordare che, lo sappiamo ormai bene, il digitale sta perdendo quella che era una delle sue caratteristiche (vincenti) principali: la semplicità del suo “patto” economico con le persone: o tutto gratis (e, certo, tanta pubblicità in cambio) oppure un unico abbonamento, molto economico, per accedere a un catalogo enorme di contenuti e niente pubblicità. Stop. È stata l'arma per crescere a dismisura a fronte della complessità delle offerte economiche, e della distribuzione dei contenuti, dei media analogici.
Poi tutto si è, inevitabilmente, complicato nel momento in cui sono entrati nella partita sempre più concorrenti. Il tutto in un mercato dell’attenzione portato vicino al suo punto di saturazione (e forse anche oltre quel punto). Insomma come ho già tentato di sintetizzare: in un mondo complesso spesso vince chi fornisce la risposta più semplice, ma nella complessità le risposte (troppo) semplici finiscono pima o poi per invecchiare e risultare di nessuna (o molto poca) utilità.
In questo scenario del tutto nuovo alla fine si cerca, però, di dare risposte semplici a dei problemi complessi: i ricavi da pubblicità sono una miseria?, metto a pagamento un servizio che sto offrendo gratuitamente (Twitter); i ricavi da abbonamento non crescono più come una volta?, aggiungo ricavi da pubblicità abbassando i prezzi dell’offerta basic e alzo quelli degli abbonamenti premium (Netflix, Disney).
Nuovi scenari
Sarà sufficiente? Per il momento si procede per tentativi, è abbastanza evidente e, d’altronde, anche da Netflix ammettono che il modello è quello “crawl-walk-run” insomma fai piccoli passi, guarda che succede e, poi, valuta se cominciare a correre in quella direzione o, invece, cambiare strada: “quello che facciamo adesso non è detto sarà quello che faremo tra un anno” hanno precisato in merito ai nuovi abbonamenti da Netflix.
È utile inoltre tenere presente che una parte di questa nuova complessità è portata anche dalla diversità dei soggetti in campo: da una parte le aziende che hanno nella loro piattaforma l’unica fonte di guadagno (Netflix, Spotify), dall’altra le grandi tech company che hanno invaso l’industria dei media/intrattenimento ma il grosso dei loro guadagni è altrove (Apple, Amazon); nel mezzo le media company che si sono lanciate nel mercato dello streaming ma con una più diversificata architettura dei ricavi grazie a storiche attività nel campo dei media e non (Disney, Comcast, Paramount).
Le scelte strategiche sulle politiche di prezzo e sulle offerte di abbonamento hanno, per ognuna di queste “categorie”, presupposti diversi derivanti da contesti diversi ma, nello stesso tempo, comunque provocano effetti domino anche su tutto il sistema.
Ad esempio, la scelta di Amazon di aumentare l’accesso al catalogo musicale molto più ampio per gli abbonati Prime, come ha giustamente notato l’analista Mark Mulligan “è davvero molto importante, più per ciò che rappresenta piuttosto che per ciò che è effettivamente: ciò che rende Amazon Music così importante per l'industria musicale non sono solo le sue dimensioni, ma la sua segmentazione del pubblico. Il che è una buona parte del motivo per cui ha appena sbloccato quei 98 milioni di tracce extra per gli utenti di Prime Music” (dopo comunque, aggiungo, aver aumentato i costi dell’abbonamento al pacchetto principale Prime).
Un (difficile) gioco di equilibri
Quello della necessità di segmentare il pubblico, mi sembra un punto fondamentale, ne ho già scritto in questa newsletter: l'offerta nella subscription economy si è sviluppata sostanzialmente intorno all'idea di un’unica tipologia di utente, ma oggi è una strategia che mostra tutti i suoi limiti.
C’è un pubblico diversificato con esigenze diversificate alle quali rispondere nel modo più conveniente — e convincente — anche sotto l'aspetto delle tipologie di abbonamento, sia per quanto riguarda la diversificazione dei prezzi sia per le diverse modalità di accesso e di utilizzo delle library/cataloghi.
Insomma un gioco di equilibri, nel quale ancora nessuno ha trovato un punto fermo, alla base c’è la difficoltà (magari non per tutti ma sicuramente per molti) nel mondo dei media di evolversi dal modello basato dalla coppia abbonamenti/pubblicità diversificando davvero i ricavi.
📊 Chart, chart, chart!
🎧 A proposito di pricing (via Antenna Analytics) le iscrizioni giornaliere al servizio Amazon Music Unlimited tra aprile e agosto 2022, dopo decisione di aumentarne il prezzo e, poi, quelle successive alle nuove tariffe in offerta promozionale.
🎰 La grande scommessa. Meta sta investendo 70 miliardi di dollari sul metaverso, è la “puntata” economica più grande mai fatta da una tech company? Ecco raffronto investimenti di altre tech company in altri settori (via The Information).
➤ #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online → Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
📚Un po’ di cose da leggere
Le soap sono a rischio estinzione? Se lo chiede Louis Staples su BBC Culture (tempo lettura 16 minuti).🔖
Perché l'audio non catturerà mai il cuore degli utenti dei social media, ne è convinta Lizzy Lawrence che lo spiega su Protocol (tempo lettura 14 minuti).🔖
La piccola editoria italiana soffocata dall’aumento del costo della carta, grido d’allarme lanciato da Matteo Fantuzzi su strisciarossa (tempo lettura 4 minuti).🔖
Perché Andor, nonostante sia la serie tratta da Star Wars meno vista, resta uno dei progetti più importanti per Lucas Film e Disney, ottima analisi di Julia Alexander su Puck (tempo lettura 7 minuti).🔖
I dati relativi al numero di abbonati dei servizi di streaming non contano più, giusto? Non proprio, lo scrive Variety facendo notare come ancora non tutto sia cambiato (su #Mediastorm se ne ho parlato qui).🔖
È davvero tutto per questa settimana, alla prossima.
Lelio.
#Mediastorm: una newsletter di appunti, storie e idee sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 60 - 6 novembre 2022.
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