#Mediastorm 50 – L'era dei social media "sovrapponibili"
Tutti copiano tutti, diventando indistinguibili l'uno dall'altro con formati che possono viaggiare da una piattaforma all'altra e contenuti che rimbalzano identici di social in social.
Quindi alla fine la maggior parte delle principali piattaforme social rinuncia alla propria specificità (identità, per usare un termine decisamente più impegnativo) finendo così per assomigliare l’una all’altra distribuendo contenuti dai format sostanzialmente identici realizzati con modalità simili; il che rappresenta, almeno in apparenza, un controsenso visto che tutto questo è fatto, nelle dichiarazioni d’intento, in nome dell’economia della scoperta.
🔴 Il contesto
Ovviamente queste mie considerazioni nascono, ne avrete sicuramente già letto, dalla volontà di Zuckerberg di attuare un cambiamento sostanziale al modo con il quale Facebook si presenterà alle persone, uno dei più importanti mai realizzati (a "major shift" come lo ha definito lo stesso Zuck). Sostanzialmente, come è stato ampiamente sottolineato, queste modifiche renderanno Facebook molto meno “social” e molto più simile a TikTok (l'app di proprietà della big tech cinese ByteDance) che sta crescendo come mai in questi anni ha fatto nessun altra piattaforma social (termine comunque abbastanza improprio per TikTok).
Come scrivono a NPR: “Sotto la pressione del successo di TikTok, l’azienda che da quasi due decenni collega le persone ai loro compagni di classe del college, agli amici, alla famiglia e ad altri con interessi condivisi, sta tentando di passare a una nuova era dei social media, in cui gli algoritmi basati sull'intelligenza artificiale stanno sempre più plasmando ciò che gli utenti vedono”.
Il commento generale a questi cambiamenti di strategia, lo si può capire, è stato: è la fine dei social media come li abbiamo conosciuti fino ad oggi.
Tutto vero ma c’è un aspetto che, a mio giudizio, ha valore sottolineare: tutte le piattaforme online hanno costruito la loro fortuna proprio grazie alla loro specificità, a una loro precisa “funzione”, oggi cercano tutte di diventare qualcos’altro (ne avevo già scritto un po’ di tempo fa in questa newsletter). Facebook non vuole più essere la piattaforma per le relazioni sociali, Instagram quella della fotografia, così come da Spotify hanno dichiarato di non essere più semplicemente una piattaforma musicale ma più in generale audio e Netflix vuole diventare anche una piattaforma per videogiochi (poi da Spotify hanno recentemente aggiustato il tiro come raccontavo qui, e i videogiochi a Netflix sembra possano attendere ancora un po’, ci sono altri nodi da sciogliere prima).
Le piattaforme social hanno scelto l’omologazione: Facebook come stiamo vedendo vuole assomigliare sempre più a TikTok, Instagram e YouTube hanno intrapreso questa strada già da un po’ puntando molto sui video brevi, d’altronde anche TikTok ha cominciato a imitare le altre piattaforme ad esempio inserendo video più lunghi fino a dieci minuti per fare concorrenza a YouTube.
Già da tempo è facile vedere video marcati TikTok “viaggiare” negli altri social. Ma in generale i vari formati sono, appunto, omologati in modo da poter rimbalzare da un social all’altro.
🔴 Il modello “sociale” e quello della “esplorazione solitaria”
È una scelta che va nella direzione opposta a quella che era stato l’inizio del dominio delle piattaforme digitali nel campo dei media. Dieci anni fa nel 2012, all’inizio dell’ascesa di Google e Facebook ne campo dell’industria pubblicitaria, la giornalista Somini Sengupta scriveva sul New York Times:
Per guadagnare con la pubblicità online la battaglia in corso è tra questi due modelli: se il motore di ricerca di Google utilizza Internet come uno strumento di esplorazione solitaria, Facebook richiede ai suoi utenti di condividere ciò che fanno con i loro “amici”. In un certo senso, l’offerta di Facebook è un test di quanto possa essere prezioso il modello sociale di Internet.
È un passaggio che mi ha molto colpito e che ho riportano anche nel mio libro #Mediastorm (scusate autocitazione) annotando che:
Oggi possiamo dire che questi due modelli di Internet, quello “sociale” di Zuckerberg e quello “dell’esplorazione solitaria” di Google, hanno avuto successo proprio perché diversi ma complementari, portando le due aziende a occupare tutti gli spazi vitali nel proprio rispettivo segmento.
È una complementarietà che, evidentemente, ha resistito per un po’ di tempo, comunque sufficiente a costruire due imperi, e dal quale fino a ieri era difficile derogare (Google ci ha provato ad invadere il campo di Facebook con il suo social Google+ naufragato dopo pochi anni, e dall’altra parte Facebook non ha mai reso davvero utile la search all’interno di quella massa enorme di contenuti all’interno del suo universo).
Oggi la nuova svolta sembra virare decisamente verso quella “esplorazione solitaria” che sembrava appannaggio di Google, anche se oggi in modalità decisamente più passiva, per molti versi simile a quella che abbiamo davanti a uno schermo televisivo.
🔴 Tutto diventa televisione, alla fine
Già perché la scelta di puntare tutto sui video "alla TikTok", valorizzare la home page come principale interfaccia e affidare il tutto agli algoritmi sembra non tanto dare valore al desiderio di scoperta del singolo utente ma rispolverare, rivisto e corretto in ambiente digitale, il buon vecchio palinsesto “generalista” della TV e, d’altronde, le TV connesse (le SmartTV) un qualche ruolo importante lo avranno visto che proprio a TikTok hanno ritenuto fondamentale stringere accordi con giganti come LG e Samsung già da qualche tempo.
🔴 Metaverso = super-app?
Abbandonato da Facebook, l’esperimento “sociale” continuerà, come giustamente ha fatto notare Valerio Bassan nella sua newsletter Ellissi, nelle piattaforme e app di messaggistica come WhatsApp e Messenger per quanto riguarda Meta, inseguendo anche qui probabilmente, piattaforme made in China come WeChat, dove è possibile non solo chattare ma fare un sacco di altre cose a cominciare dall’acquistare direttamente prodotti e servizi. Non a caso si parla in questi casi di super-app che, secondo l’esperto di marketing Scott Galloway, è il vero modello di Zuckerberg quando parla di metaverso:
Per la maggior parte delle persone comuni, l'aspirazione del CEO di Facebook di essere il dio di un universo in cui possiamo entrare solo indossando un aggeggio elettronico sulla nostra testa sembra il progetto di un megalomane. Hanno perfettamente ragione. Tuttavia, ogni volta che sentite Zuckerberg dire metaverso, cambiatelo in super-app e la cosa suonerà meno stupida.
🔴 La "commoditizzazione” dei contenuti nell’economia della scoperta
All'inizio ho scritto che queste modifiche decise da Meta per Facebook, che finiscono per far sembrare i social tutti uguali, possono sembrare un controsenso se fatte in nome dell'economia della scoperta (che intuitivamente dovrebbe promuovere la diversificazione non il contrario) ma in realtà se torniamo a leggere un pezzo che ho già segnalato un paio di settimane fa in questa newsletter, le cose possono sembrare avere una loro logica.
Il pezzo è quello di Ben Thompson a proposito degli aggregatori e di come oggi per Spotify essere una piattaforma con contenuti del tutto simili a quelli delle altre piattaforme musicali non sia affatto un limite ma, anzi , un pregio proprio grazie all'importanza del desiderio di scoperta.
Rileggiamo questo passaggio per capire un po’ di cose:
Invece di avere contenuti differenziati, gli aggregatori vogliono contenuti "commoditizzati".
Invece di aumentare il margine sui propri utenti, gli aggregatori vogliono ridurlo, idealmente a zero, o almeno allo stesso livello dei loro concorrenti.
Invece di introdurre attrito nel mercato, per bloccare meglio gli utenti, gli aggregatori vogliono ridurlo, fiduciosi che l'attrazione gravitazionale della loro esperienza utente, a parità di condizioni, attirerà più utenti rispetto ai loro concorrenti, aumentando la loro attrattiva non solo dai fornitori (i creatori di contenuti) ma anche gli inserzionisti.
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🔴 Wishful thinking finale
Potrebbe non essere nemmeno troppo male, questa omologazione dico, nel senso che può significare la fine dello strapotere di una sola piattaforma e l'apertura a un panorama davvero più diversificato, almeno nei fornitori di contenuti. Come ha scritto Cal Newport sul New Yorker:
Alla fine, la più grande eredità di TikTok potrebbe riguardare non tanto il suo attuale momento di successo alla conquista del mondo, che passerà, ma più su come, costringendo i giganti dei social media come Facebook a inseguire il suo modello, possa finire con liberare Internet dal loro assoluto dominio.
Per il momento assieme a qualche giorno di vacanza concediamoci anche il lusso di crederci.
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Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il cinquantesimo numero di #Mediastorm una newsletter di appunti, storie, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”).
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👋Prima di salutarci…
È tutto, questa newsletter va in pausa per qualche settimana, ci rivediamo domenica 28 agosto (al massimo quella successiva, il 4 settembre). A presto.
Lelio
#Mediastorm: una newsletter di appunti e idee sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 47 - 10 luglio 2022.
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[L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato].