#Mediastorm Rassegna-Novembre 2024
Cose importanti da sapere, numeri notevoli, articoli e newsletter da leggere, infografiche fondamentali sul mondo dei media.
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il numero di #Mediastorm in formato “Rassegna” di novembre 2024, dove seleziono a chiusura di ogni mese: notizie, dati, consigli di lettura, infografiche e, insomma, le cose importanti da sapere, secondo me, del mese appena trascorso sui temi all’intersezione tra media, economia, tecnologia e giornalismo. Ah, se non lo sei già, puoi iscriverti a questa newsletter da qui:
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📌 IN EVIDENZA
L’ascesa degli “influencer delle notizie”
Secondo una nuova indagine della Pew Research Center circa un quinto (il 21%) degli adulti negli Stati Uniti afferma informarsi regolarmente dagli “influencer delle notizie” sui social media, una tendenza che diventa decisamente più alta tra i giovani in età compresa tra 18 e 29 anni (il 37%, ovvero quasi tre su cinque).
✔ Una precisazione: ma chi sono gli “influencer delle notizie”? Secondo lo studio che ne ha analizzati 500: “chi pubblica regolarmente post sui social media su eventi di attualità e questioni civiche che hanno almeno 100mila follower su Facebook, Instagram, TikTok, X (ex Twitter) o YouTube. Gli influencer delle notizie possono essere giornalisti che sono — o sono stati— affiliati a un’organizzazione di notizie o creatori di contenuti indipendenti, ma devono essere persone e non organizzazioni”.
✔ Perché è importante: è un ulteriore conferma che una quantità sempre maggiore di notizie non transita più direttamente attraverso i giornali ma da una serie di soggetti variamente professionalizzati.
Giusto un anno fa il Washington Post aveva rilevato in un sua inchiesta come in tutto il mondo “milioni di creatori indipendenti stanno rimodellando il modo nel quale le persone ricevono le notizie” ( me ne sono occupato su #Mediastorm in “La professione spacchettata”).
✔ Un dettaglio importante: Secondo l’indagine del Pew Research negli Stati Uniti circa due terzi degli influencer delle notizie sono uomini (63%) e la maggior parte di loro (77%) non ha alcuna affiliazione o esperienza con un’organizzazione giornalistica.
✔ Più in profondità: stiamo assistendo alla proliferazione di quelle che la giornalista Taylor Lorenz ha definito “notizie sotto steroidi”: ovvero “riassunti di eventi di cronaca, scritti tutti in maiuscolo, pieni di emoji, in cui le parole normali sono sostituite da frasi NSFW”; ogni grande evento di cronaca diventa un’opportunità per accumulare follower e influenza, e il denaro che inevitabilmente ne consegue.
✔ Nel frattempo: gli influencer delle news stanno conquistando i PR americani, come ha affermato Nikhil Deogun, esperto di crisis management alla newsletter Semafor: “Ci sono oggi molte aziende che vengono da noi e ci dicono, 'OK, oltre al classico WSJ, Bloomberg, quali sono gli altri modi in cui possiamo intercettare il pubblico che vogliamo raggiungere e influenzare? Le elezioni hanno fatto capire questo a molte persone. Le aziende hanno capito che le notizie che le riguardano vengono interpretate e trasmesse da una serie di nuove voci a un pubblico che non consuma i media tradizionali”.
✔ Un’ultima considerazione: si è parlato spesso (e lo si continua a fare) della disintermediazione delle notizie ma, in realtà, oggi dovrebbe essere abbastanza chiaro che stiamo assistendo alla moltiplicazione (potenzialmente infinita) delle intermediazioni delle notizie con dinamiche e sviluppi che oggi è ancora difficile decifrare ma che è sempre più importante cominciare a comprendere.
[Fonti e approfondimenti ⟶ America’s News Influencers. The creators and consumers in the world of news and information on social media Pew Research Center / The Pop Craveification of Breaking News, Taylor Lorenz newsletter / ‘Get me on Rogan!’: PR scrambles to navigate new media, Semafor].
🗒️ SUL TACCUINO (APPUNTI SU NOTIZIE, QUESTIONI E TEMI DA SVILUPPARE)
🗒️ Microsoft e Harper Collins: accordo per utilizzare il catalogo di saggistica dell’editore per addestrare e sviluppare i modelli di intelligenza artificiale del gigante tecnologico.
È il primo accordo di questo tipo che coinvolge un grande editore, Harper Collins, oggi parte del gruppo News Corp (Murdoch), fa parte dei cosiddetti “big five” i cinque grandi gruppi editoriali americani.
“Ricordando le frasi infuocate di Karin Schmidt-Friderichs presidente delle case editrici tedesche, solo un mese fa, all’apertura della Buchmesse (‘La capacità dei sistemi di intelligenza artificiale è resa possibile dal maggior furto di dati della storia!’) — ha scritto Maria Teresa Carbone sul Manifesto — la scelta di Harper Collins può essere vista come una resa degli editori allo spirito del tempo e, si presume, a una montagna di soldi” .
L’Authors Guild (organizzazione degli autori e scrittori statunitensi) ha dato però un giudizio sostanzialmente positivo dell’accordo: “Passare a un regime di uso autorizzato dell’intelligenza artificiale dà agli autori il potere di dire ‘no’ o di insistere sui limiti degli usi di output e di essere risarciti. L'Authors Guild apprezza quindi le iniziative eque che ci spingono verso soluzioni di licenza”.
L'accordo prevede che Microsoft paghi una commissione di 5.000 dollari per titolo, divisa al 50% tra l'autore e Harper Collins, e consente allo sviluppatore di IA di utilizzare i dati per un periodo di tre anni. Il pagamento verrà effettuato direttamente all’autore.
“Piaccia o no, — ha scritto nel suo blog l’esperta di editoria Jane Friedman, già nel luglio scorso — gli editori stanno già concedendo in licenza libri per la formazione sull’intelligenza artificiale e stanno utilizzando l’intelligenza artificiale stessa nei loro processi produttivi” ricordando che molti strumenti basati sull’AI già oggi vengono ampiamente utilizzati dagli editori ad esempio per le traduzioni, correzioni bozze e di “stile”.
🗒️ Nelle guerre tra i giganti dello streaming i piccoli conquistano più spazio.
Le piattaforme streaming video in abbonamento specializzate in singole aree tematiche hanno registrato negli Stati Uniti una crescita significativa negli ultimi anni; in percentuale un incremento superiore —seppure su una base più piccola— a quello complessivo delle offerte Premium delle principali piattaforme video (ovvero: Apple TV+, Discovery+, Disney+, Hulu, Max, Netflix, Paramount+, Peacock, e Starz) .
Nel secondo trimestre di quest’anno 51,4 milioni di persone hanno acquistato almeno un abbonamento a un servizio di streaming di nicchia, un cifra più che raddoppiata rispetto al pari periodo del 2022 quando gli abbonati ad almeno un servizio streaming di nicchia erano state 24,5 milioni.
Per streaming di nicchia (o Speciality SVOD) si intendono gli streamer delle reti via cavo tradizionali (AMC+, BET+) e quelli che rientrano in generi specifici, tra cui la televisione britannica (BritBox, Acorn TV), l'horror (Shudder) e gli anime (Crunchyroll, Hidive).
Secondo i dati della società di analisi Antenna, gli abbonamenti Specialty SVOD sono cresciuti del 26,9% anno su anno nel 2023, rispetto alla crescita del 17% anno su anno dello SVOD Premium . E guardando alla prima metà del 2024, la crescita dello Specialty SVOD è aumentata di quasi il 20% anno su anno rispetto a una crescita di appena il 7,7% anno su anno dello SVOD Premium.
🐢 LA STORIA (LONGFORM) DEL MESE
Una questione di stile, ovvero: la guerra degli influencer nell’era dell’omologazione algoritmica.
🔗 Bad influence — Mia Sato, The Verge, tempo lettura 35 minuti.
Se una influencer trova il suo stile peculiare e intorno ad esso costruisce sui social un format (con guadagni annessi) e un’altra influencer copia pedissequamente quello “stile” e quel “format” possiamo parlare di violazione del copyright?
La storia di due influencer promotrici di vestiti color pastello e oggetti d’arredo rigorosamente minimal (con relativo business di affiliazioni Amazon) e di una causa legale sorprendente e, per molti versi, surreale che le ha messe una contro l’altra.
🔢 IL NUMERO DEL MESE
Lo streaming della Disney negli ultimi dodici mesi ha registrato un utile operativo di 134 milioni di dollari, lo ha “certificato” il conto economico del quarto trimestre (l’anno fiscale si chiude a settembre) della media company.
Sebbene la cifra sia decisamente modesta se confrontata con l’utile operativo dei canali lineari della Disney (3,45 miliardi di dollari nei dodici mesi), rappresenta sicuramente una pietra miliare per l’azienda e, forse, un punto di svolta per il settore dello streaming video che, ad esclusione di Netflix, ha rappresentato per tutti gli altri un bagno di sangue fino ad oggi (lo scorso anno lo streaming della Disney aveva registrato una perdita operativa di 2,5 miliardi di dollari).
Non a caso il Los Angeles Times ha scritto:
“Ci sono voluti miliardi di dollari di perdite, una revisione aziendale, tagli ai costi e aumenti dei prezzi per arrivarci, ma Bob Iger e la Walt Disney Corporation sembrano aver raggiunto un punto di svolta atteso da tempo nel settore dello streaming”.
C’è da precisare che il dato è riferito all’intero settore direct-to-consumer del gigante dell’intrattenimento, quindi tutte le sue piattaforme streaming, non solo Disney+ ma anche Hulu e i vari “pacchetti” realizzati con Hotstar.
La profittabilità dello streaming è stato il tema principale sul quale si è giocata ad inizio anno una delle più accese lotte per il controllo della Disney, che, alla fine, ha visto vincere lo storico CEO Iger sull’azionista Peltz. Ne avevo scritto qui:
Tra le principali ragioni del miglioramento dei conti dello streaming è, secondo quanto comunicato da Disney a: 1) aumento dei prezzi degli abbonamenti, 2) minori costi di marketing di Disney+ 3) taglio costi per contenuti per Disney+.
🧮 DATI NOTEVOLI
Netflix/1: l’offerta in abbonamento supportata da pubblicità ha raggiunto 70 milioni di utenti in tutto il mondo, secondo quanto dichiarato dalla stessa Netflix, un incremento netto rispetto ai 40 milioni dichiarati a maggio e ai 22 milioni di gennaio. Sempre da Netflix si è fatto sapere che oltre il 50% delle nuove iscrizioni sono generate dall’abbonamento con pubblicità. [via Variety]
Netflix/2: Lo streamer ha inoltre affermato che circa 60 milioni di famiglie hanno guardato in streaming l’incontro di boxe tra Tyson e Paul, sembra però che ci siano stati molti problemi tecnici che ne hanno reso difficile la visione per gli spettatori. Netflix si gioca molto sugli eventi live e gli analisti finanziari si aspettano che risolva i problemi tecnici a breve.
Secondo i risultati del terzo trimestre (e le previsioni per il quarto trimestre) di Spotify , la società prevede di registrare un utile operativo annuo netto di 1,5 miliardi di dollari alla fine di quest’anno.
Nel frattempo, il CEO Daniel Ek e il co-fondatore Martin Lorentzon, hanno incassato congiuntamente oltre 840 milioni di dollari, ha fatto notare Music Business Worldwide.
📉 INFOGRAFICA (ORIGINALE) DEL MESE
🗞️ Primi 10 quotidiani per numero lettori: quanti lettori hanno pagato la copia che leggono e quanti no?
Dopo l'infografica dello scorso mese con i dati di Audipress relativi alla provenienza delle copie dei lettori (pagate vs non pagate) nel giorno medio per il complesso di 48 testate quotidiane italiane, questo mese ho realizzato questa chart relativa alle prime 10 testate quotidiane per numero di lettori (nazionali, sportivi e locali) dove vengono visualizzate tutte le diverse voci rilevate Audipress in merito alla provenienza delle copie.
⁉️ QUESTIONI
◆ Cosa dovrebbero fare i giornalisti quando i fatti non contano? Puoi portare un cavallo all’acqua, ma non puoi costringerlo a bere. I media possono pubblicare o trasmettere ripetutamente numerose verità che squalificano un politico, ma non possono garantire che venga impedita la sua elezione. I giornalisti devono capire che distribuire informazioni vere e utili nel mondo possa essere un servizio gratificante, indipendentemente da cosa accada dopo [Michael J. Socolow, What should journalists do when the facts don’t matter?, The Conversation].
◆ Perché parliamo (di politica) in questo modo? Oggi, nessuno può dire, con certezza, come l'avvento dell'AI cambierà il nostro modo di comunicare. Potremmo finire in un universo linguistico in cui le parole vengono prodotte costantemente e non contano quasi nulla. O forse il mondo in Rete sta costringendo i leader ad ascoltare persone che prima ignoravano. In tal caso, dall’altra parte di un periodo di sconvolgimenti, nuovi messaggi politici potrebbero rappresentare meglio le priorità degli elettori [Joshua Rothman, Why we do talk this way?, The New Yorker].
◆ Abbiamo bisogno dei social media? Abbiamo davvero bisogno di passarci così tanto tempo? La risposta potrebbe essere sì, in entrambi i casi, ma è influenzata dal tipo di lavoro che facciamo. La disconnessione digitale è un trend che sta guadagnando giustamente spazio: per molti adolescenti di oggi è finalmente normale non avere un profilo sui vecchi social media. Nascono subculture che organizzano la loro ragione d’essere e di distinzione sociale intorno al non avere social media o smartphone [Tiziano Bonini, 2024: Fuga da X, Che Fare].
👓 DA LEGGERE SU SUBSTACK
◆ Possiamo fidarci dei libri di divulgazione? Forse dovremmo rivedere alcune posizioni ammirate che spesso circolano a proposito di quanto sia meglio il mondo anglosassone. Sì, lo è per alcuni motivi, perché per esempio tende a pagare meglio chi lavora nel settore culturale, perché la divulgazione scientifica è presa più seriamente in considerazione nel dibattito pubblico e forse per altre mille ragioni. Ma non fa troppo fact-checking tanto quanto non lo facciamo qui da noi -
.◆ La fine del giornalismo sportivo come lo abbiamo conosciuto. L’era del web, che ha facilitato l’accesso permettendo a tutti di creare un proprio canale ha confuso totalmente notizie e intrattenimento. Non ci rimane che prendere atto del fatto che il giornalismo sportivo come lo abbiamo conosciuto è oggi una nicchia di una più ampia produzione di contenuti -
.◆ L'impatto dell'elezione di Trump sulle regole dell'AI – Quello che è certo è che la distanza tra Stati Uniti ed Europa - anche in materia di regolamentazione tecnologica - sembra destinata ad aumentare visto che l’obiettivo dichiarato della nuova amministrazione è, da un lato, quello di non rallentare lo sviluppo di AI sempre più potenti e, dall’altro, quello di accelerare sull’uso di sistemi di AI da parte delle pubbliche amministrazioni (privilegiando efficienza e produttività sulla prevenzione dei rischi) -
.È davvero tutto per questo numero, grazie per aver letto fino a qui. Alla prossima puntata.
Lelio.