C'è anche chi fa il giornalista+influencer e fa benissimo, sia perché cura meglio il suo personal brand e aggiunge introiti alla propria attività, sia perché sono loro a fare da traghettatori o da puntini di unione tra canali, formati e audience. Devo fare qualche nome? 😊
Ma sono ancora pochi nelle grandi testate. Forse di più quelli che già lavorano per aziende e testate posizionate già decisamente meglio rispetto ad alcuni dinosauri cartacei che hanno web e social come figli ancora immaturi.
Grazie mille Antonio, sono d'accordo anche in Italia ci sono ottimi esempi dentro questi canali che, come scrivi, fanno da punto di unione tra formati e audience diverse (addirittura tra digitale e formati classici "analogici", penso al Post che approda dal digitale alla rivista/libro distribuita in libreria) ma il rischio è che, nonostante queste buone pratiche, ci si muova tutti comunque dentro un ecosistema che tende a separarci in tanti singoli operatori dell'informazione senza offrire concrete occasioni di aggregazione e collaborazione, che invece sono caratteristiche essenziali sia della buona informazione sia dei migliori strumenti digitali.
Interessante fotografia di quello che sta succedendo, condivido praticamente tutto di quello che scrivi. Vorrei aggiungere che piattaforme come Substack (su cui anch'io scritto) abbiano il vantaggio di lasciare al content creator la proprietà del proprio pubblico, cosa non vera per i grandi network - e questo spiega il loro successo, oltre agli aspetti più tecnici. Sarebbe ancora più interessante capire dove atterrerà tutto questo e che fine farà l'informazione, ma passiamo alla modalità "sfera di cristallo"
Grazie Alessandro, giusta tua precisazione su Substack, credo che molto del suo futuro questa piattaforma se lo giocherà nel rapporto con i creatori di contenuti che non può visto solo riguardo monetizzazione, ma appunto anche sul chi "possiede" realmente l'audience e i contenuti dei singoli creatori.
Bel pezzo Lelio.
C'è anche chi fa il giornalista+influencer e fa benissimo, sia perché cura meglio il suo personal brand e aggiunge introiti alla propria attività, sia perché sono loro a fare da traghettatori o da puntini di unione tra canali, formati e audience. Devo fare qualche nome? 😊
Ma sono ancora pochi nelle grandi testate. Forse di più quelli che già lavorano per aziende e testate posizionate già decisamente meglio rispetto ad alcuni dinosauri cartacei che hanno web e social come figli ancora immaturi.
Grazie mille Antonio, sono d'accordo anche in Italia ci sono ottimi esempi dentro questi canali che, come scrivi, fanno da punto di unione tra formati e audience diverse (addirittura tra digitale e formati classici "analogici", penso al Post che approda dal digitale alla rivista/libro distribuita in libreria) ma il rischio è che, nonostante queste buone pratiche, ci si muova tutti comunque dentro un ecosistema che tende a separarci in tanti singoli operatori dell'informazione senza offrire concrete occasioni di aggregazione e collaborazione, che invece sono caratteristiche essenziali sia della buona informazione sia dei migliori strumenti digitali.
Interessante fotografia di quello che sta succedendo, condivido praticamente tutto di quello che scrivi. Vorrei aggiungere che piattaforme come Substack (su cui anch'io scritto) abbiano il vantaggio di lasciare al content creator la proprietà del proprio pubblico, cosa non vera per i grandi network - e questo spiega il loro successo, oltre agli aspetti più tecnici. Sarebbe ancora più interessante capire dove atterrerà tutto questo e che fine farà l'informazione, ma passiamo alla modalità "sfera di cristallo"
Grazie Alessandro, giusta tua precisazione su Substack, credo che molto del suo futuro questa piattaforma se lo giocherà nel rapporto con i creatori di contenuti che non può visto solo riguardo monetizzazione, ma appunto anche sul chi "possiede" realmente l'audience e i contenuti dei singoli creatori.