#Mediastorm 95 – Quanto vendono i quotidiani italiani?
Numeri e grafici dei primi sei mesi del 2024, confronto anni precedenti e qualche considerazione su dati che ne emergono.
Dopo la pausa estiva, come ormai di abitudine, inizio una nuova stagione di questa newsletter cerando di rispondere alla domanda che pongo nel titolo che, da un po’ di tempo, aggiorno regolarmente mettendo in fila dati e numeri dell’industria editoriale italiana.
In questo caso riferendomi alla prima metà dell’anno e facendo un confronto con i tre anni precedenti — nel medesimo periodo ovviamente — per aprire così una finestra più ampia, utile a capire meglio le tendenze in atto, cosa più difficile da fare se ci limitiamo a cadenzare l’apertura e chiusura di quella finestra concentrandoci solo sui singoli mesi.
I dati si riferiscono alle vendite individuali, nel giorno medio e riferito alle rilevazioni ADS, la società che certifica vendite e diffusione dei giornali italiani: circa 60 testate quotidiane, non tutte ad esempio Domani e Il Foglio hanno scelto di non aderire alla certificazione; si può affermare però tranquillamente che le poche testate assenti, per volumi di venduto spostano, al massimo, di uno zero virgola le analisi fatte.
Sui dati presi in considerazione comunque ha valore fare altre precisazioni per capire meglio di cosa sto parlando, visto che le ho già pubblicate in precedenti puntate non le sto qui a ripetere di nuovo: metto il link che vi invito a cliccare.
Inoltre nella sezione Giornali & Giornalismo che trovate anche nella home page della newsletter potete consultare tutte le puntate precedenti delle serie “Quanto vendono i quotidiani italiani?”.
Bene, cominciamo.
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il novantacinquesimo numero di #Mediastorm una newsletter di appunti, storie, segnalazioni, dati e approfondimenti per capire come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando/trasformerà l’economia delle industrie dei media e il nostro rapporto con i loro “prodotti”. Se non lo sei già, puoi iscriverti da qui:
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🟠 IL QUADRO GENERALE
Nei primi sei mesi del 2024 l’aggregato delle testate quotidiane censite da ADS, nel giorno medio, ha venduto un volume di 1,37 milioni di copie tenendo conto complessivamente di tutte le voci di vendita: cartacee (sostanzialmente possiamo indicarle come quelle vendute nelle edicole), abbonamenti cartacei, copie digitali vendute ad un prezzo superiore del 30% del prezzo intero e copie digitali vendute a un prezzo tra il 10 e il 30% (queste due ultime voci sono, come precisato più volte, un indicatore degli abbonamenti digitali).
Rispetto ai primi sei mesi del 2023, quando le copie medie vendute sono state 1,48 milioni, una flessione del 7,7%. Se guardiamo più indietro al 2021 (sempre i primi sei mesi) la flessione è stata del 21% (le copie medie vendute allora era stato di 1,74 milioni di unità).
Come al solito è fondamentale leggere le singole voci di vendita: il volume di venduto del canale edicola, come era facile prevedere dagli ultimi dati analizzati, scende per la prima volta sotto il milione di copie; 942mila copie medie con una flessione sul 2023 del 10% (dovuta alle 110mila copie medie vendute in meno).
Rispetto al 2021, la flessione delle vendite “individuali” tramite edicole, è stata di 354mila copie medie (-27%).
Ma va sottolineato come, a flettere, nel confronto con il 2021 sono quasi tutte le voci, comprese anche le copie digitali vendute a più del 30% del prezzo intero che perdono in quattro anni 33mila copie medie (-16%).
Unica eccezione a tutti questi segni meno: le copie digitali vendute tra il 10 e il 30% del prezzo intero, cresciute di 43mila copie medie (+36% sul dato dei primi sei mesi del 2021).
Il canale edicola resta quello dove transita, di gran lunga, il volume maggiore di venduto (ed è anche, ha valore ricordare, l’unico dove le copie vengono vendute a prezzo intero) ma nel corso di questi ultimi anni il suo peso sul totale è diminuito dal 75% del 2021 al 69% del 2024, quando per la prima volta è sceso sotto quota 70%.
🟠 COSA CI DICONO QUESTI DATI?
Sostanzialmente confermano due tendenze per quanto riguarda l’industria dei quotidiani italiana (e non solo):
la flessione costante del canale edicola,
l’incremento delle copie digitali unicamente grazie a quelle vendute a prezzi più economici (tra il 10 e il 30% del prezzo intero).
Seppure entrambe siano due tendenze ormai ben note, ha valore fare alcune considerazioni:
1.
La flessione del canale edicola è ormai, da anni, strutturale e irreversibile se analizzata sul medio e lungo periodo (vale anche per le singole testate, al di là di sporadici segni positivi di un singolo mese).
Il punto è: in un sistema che ancora si basa per tre quarti su vendite di cartaceo (75% se sommiamo canale edicola e abbonamenti tradizionali) per quanto tempo è ancora “sostenibile”, economicamente, questo declino?
La flessione anno su anno del canale edicola è stata estremamente costante nell’ultimo triennio 2022-2024: -10% (con oscillazioni minime intorno a questo dato tra 0,3 e 0,5 punti percentuali).
Se nel prossimo triennio si ripeterà, con medesima costanza, lo stesso tasso di decrescita, nel 2027 le copie cartacee vendute dall’intero aggregato a prezzo intero scenderanno sotto quota 700mila.
Se ipotizziamo poi una flessione costate su questi livelli del canale edicola ancora fino alla fine del decennio, l’aggregato dei quotidiani italiani censiti oggi da ADS avrà un volume di venduto intorno alle 500mila copie nel giorno medio: più o meno quelle vendute dal solo Corriere della Sera nel 2004.
È facile dedurre che una flessione del cartaceo con tasso costante intorno al 10% (come in questo ultimo triennio, ripeto) nel medio periodo non sia sostenibile nell’attuale sistema economico dei quotidiani italiani.
Ridurre questa flessione in maniera significativa però non sembra facile (eufemismo) con un sistema di distribuzione, la rete delle edicole, che in Italia sta implodendo schiacciato da inefficienze “storiche” che il sistema non ha mai potuto (voluto) risolvere, nemmeno parzialmente.
E anche a livello di innovazione dei modelli economici — significativa diversificazione dei ricavi e nuove fonti di reddito, concreti investimenti nell’innovazione di prodotto, serie strategie di subscription economy — siamo di fronte, oggettivamente, a pesanti ritardi.
Insomma nell’attuale sistema da qui al 5/6 anni sembra esserci una deadline, un termine ultimo dove qualche — seria ed efficace — alternativa al modello economico edicola-centrico diventerà difficile da procrastinare ulteriormente per l’industria dei quotidiani italiana nel suo complesso.
2.
L’incremento del peso delle copie (e quindi in generale degli abbonamenti) digitali che oggi valgono un quarto delle vendite totali, è dovuto in modo significativo al rapido declino della carta, più che per “merito” di queste che, anzi, complessivamente, per la prima volta dal 2021 ad oggi, subiscono una leggera flessione: appena l’1,3%, certo, ma questo potrebbe indicare che il continuo aumento delle vendite di copie digitali a prezzi super-economici non riesce più nemmeno a controbilanciare il declino di quelle vendute a prezzi maggiori. Decisamente non un bel segnale.
Ho scritto più volte che puntare tutto sull’incremento delle copie digitali più economiche — a scapito di quelle a prezzi maggiori — ha controindicazioni importanti, solo per dirne due: i margini di guadagno pressoché nulli e la riduzione del valore economico percepito dal lettore del “prodotto” giornalistico offerto.
Ma allora perché adottare queste strategie, e con questa “convinzione” e perseveranza?
Da una parte c’è, pragmaticamente, la presa d’atto che oggi non si ha la forza (o la volontà) per fare gli investimenti necessari affinché gli abbonamenti digitali a prezzi più alti riequilibrino, per una quota significativa, la costanti perdite economiche dal cartaceo.
Le copie (e abbonamenti) digitali a prezzi molto economici con i loro margini di guadagno vicini allo zero hanno però almeno un pregio che le copie vendute in edicola non possono offrire: i dati di prima parte (carte di credito incluse), molto preziosi oggi per gli editori, soprattutto se i volumi acquisiti sono significativi.
Più che a una logica subscription-first questo tipo di strategie sembrano guardare ai ricavi pubblicitari cercando, in questa fase, di:
dare una risposta all’urgente necessità di offrire (nuovo) valore agli investitori pubblicitari a fronte del declino degli spazi tabellari su carta,
dare maggiore valore alle campagne marketing sul sito proprietario trasformando il più possibile, grazie a offerte super economiche, i semplici visitatori/lettori almeno in utenti registrati (con dati prima parte annessi, appunto).
Alla conversione “premium” ci si penserà, forse, in futuro. Per il momento si decide di portare a casa questi obiettivi. Basterà?
🟠 PRINCIPALI TESTATE NAZIONALI
Dopo i dati generali guardiamo quelli di alcune testate nazionali, il campione che ho preso in considerazione è formato da: Corriere della Sera, Repubblica, Il Sole 24 Ore, La Stampa e poi Il Fatto Quotidiano, Il Giornale, La Verità e Libero.
🔸 CORRIERE DELLA SERA
Il Corriere (207mila copie medie vendute) di gran lunga la principale testata per volumi, oltre 100mila copie medie in più della seconda in classifica, Repubblica: delle quali oltre 50mila in più nel solo canale edicola.
Per dare un ulteriore rapporto di grandezze: la somma delle copie vendute nel giorno medio da Sole 24 Ore, La Stampa e Fatto Quotidiano raggiungono, a malapena, quelle del Corriere.
Detto questo c’è da notare come le vendite nelle edicole del Corsera stiano calando a un tasso annuo del 10% negli ultimi due anni, una flessione che sta accelerando visto che nel 2022 era stata, sull’anno precedente, del 7%.
Il peso del canale edicola sul totale delle vendite per il principale quotidiano italiano è in costante diminuzione: dal 68% del 2021 al 58% del 2024, ben 10 punti percentuali in meno. Nel frattempo il peso del digitale è salito dal 31% al 42% (tralasciando in questo bilancio uno 0,4% dovuto all’irrisorio peso degli abbonamenti cartacei).
Una cosa da notare: al Corsera la vendita di copie digitali a prezzi maggiori cresce (+42%) mentre diminuisce quella delle copie più economiche (-2%) nel confronto tra 2024 e 2021 , segno che qui una qualche “conversione” verso abbonamenti digitali premium sta riuscendo (in attesa di dati più precisi su abbonamenti digitali e membership).
🔸 REPUBBLICA E LA STAMPA
I dati di vendita dei due quotidiani di GEDI (gli ultimi due, viene da aggiungere), come ormai noto, sono in forte regressione ormai da anni. Assieme oggi vendono 173.400 copie nel giorno medio: un dato di appena 11mila unità superiore a quello che la sola Repubblica realizzava nei primi sei mesi del 2021 (ovvero 162.500 copie medie).
La prima metà del 2024 vede per Repubblica una perdita rispetto all’anno precedente di 9.300 copie medie (-8%) la flessione più ridotta degli ultimi anni. Il canale edicola subisce una flessione del 9%, anche questa più ridotta rispetto agli ultimi anni quando era stata sempre a doppia cifra.
In effetti all’interno di una flessione complessiva decisamente corposa del 35% nel confronto tra primi sei mesi del 2024 e quelli del 2021 si può notare — se si vuole dare una lettura meno “drammatica” di questi numeri decisamente negativi — che la perdita totale di copie vendute da Repubblica negli ultimi tre anni è costantemente diminuita, quasi dimezzata ogni anno. Dalle -31mila copie medie del 2022 sul 2021, alle -16.200 del 2023 sul 2022 alle, come già scritto, 9.300 copie medie del 2024 sul 2023. Si può ripartire da qui?
🔸 IL SOLE 24 ORE E IL FATTO QUOTIDIANO
Metto assieme queste due testate non certo per affinità editoriali, come facile immaginare, ma perché sono quelle che — con scale di grandezza nettamente superiori a tutte le altre — stanno puntando sull’incremento della vendita di copie digitali.
Per il Sole 24 Ore delle 87.200 copie vendute nel giorno medio ben 56mila sono digitali (il 68% del totale), alle quali vanno aggiunte 10.400 copie medie vendute tramite abbonamento cartaceo; al Sole quindi gli abbonamenti sia di carta che digitali sommati pesano oggi il 76% sui volumi di venduto, mentre il peso dell’edicola ormai è quasi residuale al 24% (certo c’è sempre da tenere di conto che il Sole ha come principale riferimento ampie e comunità professionali abituate ad abbonarsi).
La flessione del Sole sulle vendite dei primi sei mesi 2024 su quelli del 2023 nel giorno medio è stata del 6%, mentre quella sul 2021 del 18% con il segno meno che viene posto a tutte le voci, comprese le copie digitali di qualsiasi tipologia.
Al Fatto Quotidiano delle 51.300 copie medie vendute quasi la metà (24.300) sono copie digitali vendute tra il 10 e il 30%, il loro incremento, in termini di volumi, permette di registrare nel confronto con il 2023 un valore positivo del totale delle vendite di copie, nonostante tutte le altre voci siano in flessione.
Il canale edicola nei primi sei mesi del 2024 a quota 20mila copie medie nel confronto anno su anno subisce un -3% e, rispetto al 2021, flette del 27%.
Complessivamente, in termine di volumi di copie vendute, al Fatto ogni 5 copie vendute 2 sono cartacee e 3 digitali.
Colpisce del Fatto, molto, l’incremento repentino delle copie digitali super economiche: dal grafico che ho realizzato si apprezza meglio l’impennata della curva che indica i loro volumi di vendita in questi ultimi anni e il netto declino di quelle vendute a prezzi maggiori (un dato così “fuori scala” che mi ha indotto a verificarlo ulteriormente direttamente con ADS che mi ha confermato che il dato è corretto).
Per il Fatto, non c’è dubbio, un cambio di scenario netto rispetto agli anni precedenti, sul quale valgono le considerazioni che ho fatto poco sopra sulle possibili ragioni di scelte strategiche del genere.
[aggiornamento dopo invio per email: il dato del Fatto Quotidiano come aveva già notato Charlie la newsletter del Post (ringrazio Luca Sofri per avermelo segnalato) è dovuto: “a un aumento del prezzo del quotidiano in edicola, che ha automaticamente determinato un aumento del numero di abbonamenti digitali con uno sconto ‘maggiore del 70%’ (oltre 24mila), classificati quindi al di fuori di questi numeri”].
🔸 IL GIORNALE, LA VERITÀ E LIBERO
Metto assieme, come d’abitudine, in un unico “blocco” queste tre testate per molti aspetti sovrapponibili (linea editoriale e “taglio” molto simili, firme che passano da una all’altra).
Se si guardano i volumi di vendita nei primi sei mesi del 2024 è La Verità la “capofila” di questo gruppo con 27.260 copie medie (-15% sul 2022), seguita dal Il Giornale (26.900 copie medie, -5%) e Libero (19.000 copie medie, -14%). Ma c’è da dire che al volume di vendita della Verità contribuiscono per il 25% le copie digitali (soprattutto quelle delle categoria super economica) mentre per Giornale e Libero il venduto è quasi tutto da edicola, rispettivamente il 94% e il 90%.
Nel complesso l’aggregato delle tre testate passa complessivamente da un volume di venduto di 92mila copie medie dei primi sei mesi del 2021 a uno di 73.300 del 2024 con una flessione del 20%.
Ultima nota: visto che ho parlato molto delle copie digitali, segnalo tra le testate a diffusione nazionale il “caso” del Manifesto (13.300 copie vendute nel giorno medio) nel quale le copie digitali pesano sul totale il 53% ma, caso praticamente unico, queste sono interamente quelle vendute al di sopra del 30% del prezzo intero mentre il dato di quelle più economiche è pari a zero (gli abbonamenti cartacei sono al 7%).
È davvero tutto per questo numero, grazie per aver letto fino a qui.
Alla prossima puntata.
Lelio.
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Forse il dato de Il Fatto si spiega con l'aumento del prezzo dell'edizione cartacea che ha reso "superscontate" copie che prima non lo erano. Se così fosse non avrebbe più senso parlare di euro anziché di percentuali? Copire vendute a 2 euro, a meno di 2 euro o a meno di 1 euro, etc.