#Mediastorm 71 – Quanto costa essere il quotidiano più innovativo al mondo?
In questo numero:
Quanto costa essere il quotidiano più innovativo al mondo?
Tre infografiche su industria dei media
Consigli lettura.
Se negli spot (quasi) tutti fanno “Wow!”
Una decina di giorni fa il New York Times ha pubblicato il suo bilancio di fine anno e la domanda che pongo nel titolo può essere una delle più interessanti da farsi leggendolo.
Questo perché il Times, non solo è la testata più prestigiosa al mondo, ma è tra i grandi quotidiani internazionali (e probabilmente non solo tra quelli) anche quella che con più convinzione ha deciso di giocare il suo futuro sul digitale.
Non semplicemente nell’affrontare il passaggio — obbligato per tutti — da un sistema di ricavi basato sulla copia di carta a uno basato sui ricavi da digitale ma, più in generale, nel cercare di dotarsi tutti gli strumenti necessari per affrontare le continue trasformazioni che avvengono nel digitale. A costo di rischiare di diventare “qualcos’altro”, non solo un quotidiano che pubblica notizie (con tutti i pro e i contro, certo, che questo comporta).
Guardiamo, allora, alla voce “sviluppo prodotto” perché questa, come specificano nei documenti di bilancio, è riferita unicamente allo sviluppo in tecnologia del “prodotto”, appunto, destinato al digitale (e in particolare finalizzato all’incremento degli abbonamenti digitali).
Bene, per questa voce di spesa nel 2022 il Times ha impegnato 204,185 milioni di dollari, circa il 10% dei costi operativi totali e il 9% del fatturato, con un aumento rispetto al 2021 del 27%. Proprio product development è la voce di costo che più è cresciuta rispetto all’anno precedente, quella relativa a “sales and marketing”, ad esempio, segna un -9%.
Una cosa da notare e che ci dice molto sule ultime scelte strategiche del Times: dai numeri sembra che in questi anni abbiano deciso di trasferire risorse dal marketing proprio allo sviluppo di prodotto.
Infatti seppure la voce “sales and marketing” pesi sui costi ancora per una cifra superiore, la forbice con gli investimenti in innovazione tecnologica si è sempre più ridotta in questi ultimi anni al Times. Se nel 2019 il marketing pesava per 167 milioni in più dello sviluppo prodotto, solo tre anni dopo, nel 2022, questa differenza si notevolmente assottigliata riducendosi a “solo” 63 milioni di dollari.
Nel 2022 rispetto al 2018 i costi nello sviluppo del prodotto sono aumentati di 120 milioni di dollari, ovvero poco meno di due volte e mezza (più precisamente il 143%); mentre nel medesimo periodo sia i ricavi sia i costi operativi sono aumentati — in perfetto equilibrio — del 32% (sì il Times è riuscito in questi ultimi quattro anni, tranne nel 2020, ad aumentare i ricavi rispetto all’anno precedente).
Tra 2018 e 2022 il numero degli abbonati “solo digitali” al Times è aumentato di 5,8 milioni di unità, che hanno generato 579 milioni di incremento nei quattro anni di ricavi in più per quanto riguarda gli abbonamenti “solo digitali”.
L’incremento di 120 milioni di dollari in costo dell’innovazione nel medesimo periodo “pesa” quindi circa 20 dollari su ogni abbonato “solo digitale” acquistato (la ARPU, ovvero i ricavi medi per abbonato “solo digitale”, riferita a tutto l’anno è stata nel 2022 di 111 dollari).
L'obiettivo dichiarato oggi — anche in questo documento di bilancio — è raggiungere 15 milioni di abbonati entro la fine del 2027, ovvero un milione di nuovi abbonati in media ogni anno, mantenendo la base attuale. D'altronde alle subscription oggi il Times deve l'80% della crescita dei ricavi anno su anno.
La cosa interessante è vedere se, nei prossimi anni, i costi in innovazione tecnologica continueranno ad aumentare a questi ritmi (intorno al 25% anno su anno negli ultimi quattro) a scapito di quelli di marketing.
Interessante non tanto per testare validità del "modello" New York Times (oggettivamente molto difficile da replicare in altri contesti editoriali) ma per vedere come si evolveranno gli equilibri in quella sorta di "guerra dello streaming" tra le grandi testate internazionali che stanno puntando molto sul digitale (il Washington Post oggi sembra in crisi di identità, ad esempio), tutte alla caccia di quei circa 100 milioni di lettori in lingua inglese sparsi per il mondo da trasformare in abbonati.
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il settantunesimo numero di #Mediastorm una newsletter di appunti, storie, segnalazioni, dati e approfondimenti per cercare di capire come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente l’economia delle industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”). Se non lo sei già, puoi iscriverti da qui:
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📊 Chart, chart, chart!
💸 I ricavi pubblicitari in Italia. Secondo Nielsen la pubblicità nel 2022 segna la millimetrica variazione in positivo rispetto al 2021 dello zeroqualcosa percento (al di sotto delle stime di inizio-metà anno scorso), compresi anche i cosiddetti OTT e le altre digital pure-play, altrimenti senza di loro sarebbe un -2,8% (via BrandNews)
🏉 L’evento televisivo dell’anno, negli Stati Uniti, è anche l’evento dell’anno per gli spot pubblicitari. Axios Media ha messo in infografica il costo per 30 secondi di passaggio pubblicitario durante la programmazione televisiva del Super Bowl dal 2016 al 2022.
📧 Ma quanto guadagnano le star di Substack? Quelli di Press Gazette hanno cercato di rispondere in questo pezzo di approfondimento dal quale ho preso l’infografica qui sotto.
👓 Un po’ di cose da leggere
Ma non doveva essere l'“Anno dell’efficienza” per le Big Tech? Mentre i dirigenti stanno attuando licenziamenti di massa, ridimensionando l'infrastruttura fisica della loro aziende, attori come Amazon e Apple continuano a spendere enormi budget nei contenuti, fintanto che questi spingono sempre più persone verso le loro piattaforme (→ The Hollywood Report).
I segreti di Eliminalia, la “lavanderia” della reputazione online. La sede principale è in Spagna, gli uffici sono in Italia, Ucraina, Messico, Bolivia, Repubblica Dominicana, Ecuador, Georgia, Portogallo, Taiwan, Turchia, Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti. In un volantino pubblicitario del 2018, dichiaravano di avere oltre 900 clienti da tutto il mondo e di aver rimosso «10.000 link». Una grande inchiesta di → IRPI Media, che esplora l'attività di aziende che cercano ogni modo di cancellare il passato dei loro clienti, seconda puntata sulla disinformazione globale del progetto #StoryKillers .
L’intelligenza artificiale divide gli artisti. In ogni epoca nascono nuove forme di espressione artistica, come è successo con la fotografia. Le nuove tecnologie consentono di creare immagini digitali grazie agli enormi archivi in rete. Aprendo il dibattito sulla loro natura e sui diritti d’autore (→ L'Essenziale).
Il “picco della TV” è passato, prepariamoci all'era della TV infinita. La crescente consapevolezza che la TV in streaming sia meno redditizia rispetto al business della TV tradizionale seppure oggi in declino, sta causando effetti a catena lungo l’intera catena del valore dell’intrattenimento. L'amministratore delegato della Disney l'ha recentemente definita "un’era di grande ansia” (→ Pagina Medium di Doug Shapiro).
L'impatto degli algoritmi di raccomandazione sull'industria musicale del Regno Unito. “È opinione diffusa che l'uso di queste tecnologie possa avvantaggiare ingiustamente alcuni gruppi a scapito di altri. Questo rapporto rileva che le prove che dimostrano o smentiscono se queste tecnologie incorporano, amplificano o introducono pregiudizi ingiusti sono contrastanti e talvolta inconcludenti” (→ il lungo testo dello studio del Centre for Data Ethics and Innovation del Governo del Regno Unito, che in parte smonta alcune delle accuse mosse agli algoritmi di raccomandazione degli streamer musicali).
📘 #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online → Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
👋 Prima di salutarci…
Se negli spot (quasi) tutti fanno “Wow!”. Non so se succede anche a voi, ma a me quando guardo uno spot viene spesso naturale cercare di immaginarmi la riunione dei creativi che l’ha generato e approvato con il cliente (non ne ho mai frequentate molte, quindi nella mia immaginazione, ingenuamente, è tutto molto simile a Mad Men).
Ad esempio, c’è qualcuno che dice: “a questo punto, per far capire a tutti che il prodotto è davvero eccezionale, il testimonial con aria estasiata esclama: Wow!” tutti fanno cenno di sì , sorridono ed esclamano “ottima idea!”, e approvano il budget dandosi pacche sulle spalle. Ecco l’ultima parte riesce sempre difficile immaginare che sia successa veramente, ma a guardare gli spot che più insistentemente stanno girando in TV evidentemente mi sbaglio, visto che il “wow!” continua ad imperversare.
La Gazzetta del pubblicitario, sempre molto puntuale nel cogliere nuove e vecchie tendenze nel mondo dell’advertising ha dedicato un pezzo dove si fa un’analisi e una interessante carrellata di esempi (italiani e non) di questo “autentico tormentone che dilaga in pubblicità” alla ricerca di un “effetto wow!” (che però dovrebbe essere quello che induce lo spettatore ad esclamare dalla sorpresa di fronte a uno spot veramente creativo e sorprendente).
È davvero tutto per questa settimana, grazie per aver letto fino a qui, alla prossima puntata,
Lelio.
#Mediastorm: una newsletter di appunti, storie e idee sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 71- 20 febbraio 2023.
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[L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato].