#Mediastorm 30 – New York Times abbonati a quota 10 milioni
Qualche dato, infografica e riflessione su questa pietra miliare per industria delle notizie
Il New York Times ha raggiunto i 10 milioni di abbonati paganti. Per la precisione sono 8,8 milioni di abbonati tra carta e (soprattutto) digitale ai quali vanno aggiunti il milione e 200 mila subscriber del sito The Athletic appena acquistato dal Times. Un risultato notevole, non c’è dubbio, e va sottolineato il fatto che questa nuova “pietra miliare” è arrivata con ampio margine rispetto al 2025, il termine fissato per raggiungerla (che sembrava, solo qualche tempo fa, comunque molto ambizioso).
Adesso al Times rilanciano e aggiornano gli obiettivi: quota 15 milioni di abbonati per la fine del 2027, ovvero aumentare la base abbonati al ritmo di di un milione ogni anno, nei prossimi cinque anni.
Nella nota stampa che accompagna la pubblicazione del bilancio di fine anno 2021 si legge:
“La nostra ultima ricerca sul pubblico suggerisce che ora ci sono almeno 135 milioni di adulti in tutto il mondo che stanno pagando o sono disposti a pagare per uno o più abbonamenti a notizie in lingua inglese, copertura sportiva, puzzle, ricette, o consigli di acquisto di esperti. Questo mercato ampio e in crescita, combinato con la nostra piattaforma unica, ci dà grande fiducia nella nostra capacità di continuare a crescere”.
È difficile resistere alla tentazione di mettere questi dati a confronto con quanto successo in questi stessi giorni a suoi competitor come BuzzFeed (esordio pessimo in Borsa), o in molte big tech, da Facebook a Netflix con forti segnali di rallentamento (o addirittura decremento) della base abbonati o utenti.
Ovviamente stiamo parlando (per quanto riguarda le big tech, non certo BuzzFeed) di grandezze molto diverse, i 10 milioni del Times sono solo una piccola frazione, ad esempio, di quelli di Netflix, che ha superato i 200 milioni di abbonati globali e negli Stati Uniti ne conta 75,22 milioni.
Eppure, fatta questa precisazione, il fatto che oggi un “vecchio dinosauro” duramente provato dalla crisi della stampa (i suoi ricavi totali oggi sono circa il 40% in meno rispetto a quelli del 2000) torni a crescere con questi numeri ponendosi importanti obiettivi di crescita, ci dice che c’è vita anche tra gli incumbent non solo tra le tech company costrette a mantenere ritmi di crescita perennemente in doppia cifra.
E forse sta qui un punto, lo accennavo qualche settimana fa, è molto difficile essere in eterno dei disruptor prima o poi dovrai passare ad essere un incumbent e cercare di mantenere nella tua vita “adulta” i ricavi stabili o comunque dare alla parola “crescita” un significato diverso da quello che fino a ieri ti ha imposto la Silicon Valley e Wall Street (una cosa che a Netflix stanno rendendosene conto).
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il trentesimo numero di #MEDIASTORM una newsletter di appunti, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”).
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Il contesto, un po’ di numeri – Il New York Times, dopo anni, torna a superare i 2 miliardi di dollari di ricavi (+15% sul 2019) e oltre 200 milioni il risultato netto (più che raddoppiato rispetto al 2020 e con un +57% sul 2019). I ricavi da abbonamento sono pari a 1,36 miliardi (+12% sul 2020) e rappresentano il 66% ricavi totali, con la pubblicità che rappresenta solo il 24% del totale (poi ci sono gli “altri ricavi” che rappresentano il 10% del totale).
Un ribaltamento totale dell’architettura dei ricavi, ancora nel 2010 la pubblicità al Times pesava per il 54% mentre i ricavi derivati direttamente dai lettori il 39% (mentre gli altri ricavi il 7%).
Ricavi da abbonamento nel dettaglio – Per la prima volta i ricavi da abbonamenti “solo digitali” superano nettamente quelli della stampa di 186 milioni di dollari (in realtà il sorpasso c’era stato già a fine 2020 ma “microscopico”, solo per poco più di un milione di dollari).
Al Times indicano separatamente i ricavi degli abbonati digitali alle news e quelli ai prodotti non direttamente legati alle notizie (ad esempio il sito Cooking, i cruciverba o il sito di recensioni tech Wirecutter ai quali è possibile abbonarsi anche singolarmente). È interessante notare come gli abbonamenti digitali alle notizie siano in assoluto oggi la voce principale di ricavo (694 milioni di dollari) superiore a quelli degli abbonamenti al giornale di carta (588 milioni) ma anche ai ricavi totali da pubblicità (498 milioni).
Gli abbonamenti digitali alle news sono tra l’altro responsabili di oltre la metà (52%) dell’incremento dei ricavi totali.
È molto interessante guardare al valore medio degli abbonamenti per utente (ARPS), se il raffronto lo facciamo nel lungo periodo, ad esempio con il 2017, vediamo che questo valore è diminuito sensibilmente, in assoluto addirittura quasi dimezzato quindi nei cinque anni (-45%) dai 23,3 dollari al mese del 2017 ai 12,9 dollari del 2021.
Al Times per incrementare la base abbonati, in questi anni, hanno puntato molto su proporre prezzi competitivi per il vero “motore” della crescita di questa voce, l’abbonamento digitale alle news, il cui valore medio (mensile) è diminuito dai 12,1 ai 9,8 dollari tra 2017 e 2021 (-19%). Questo ha permesso di incrementare i volumi in maniera enorme da 2,2 milioni a 8,9 milioni di abbonati digitali ai prodotti legati alle notizie (+163%), e di lanciare la corsa ai 10 milioni di subscription a scapito però, ovviamente, del valore medio dei singoli abbonamenti.
C’è da notare come al New York Times sono riusciti a gestire il declino della carta, i ricavi dagli abbonamenti alla stampa sono diminuiti del 12% tra 2017 e 2021, mentre in volumi il numero di abbonati è sceso del 18%; una flessione contenuta se confrontata con molte altre realtà, il valore medio di questi abbonamenti è addirittura aumentato tra 2017 e 2021, passando da 58,2 dollari mese a 62,5 dollari.
Il valore medio per abbonato della stampa è quindi oltre sette volte superiore a quelli del digitale, per questo seppure nella sua trasformazione digitale, per il Times gestire il suo declino è stato fondamentale, questa, come ho già scritto, è una delle chiavi più importanti per capire il “modello New York Times” tanto quanto la contemporanea capacità di far crescere enormemente quelli da digitale.
📑Tre storie da leggere (su media e cultura digitale)
1️⃣ Esiste un mercato per salvare le notizie locali?
Sono 1.800 le comunità che dal 2004 al 2020 sono rimaste senza copertura giornalistica locale negli Stati Uniti. Il modello di business non è per i deboli di cuore e, anche dal lato no profit, la realtà del mercato si fa sentire; non tutti le comunità possono sostenere uno sbocco senza investimenti importanti e alquanto rischiosi. L'attenzione all’apertura di redazioni digitali in tutto il paese potrebbe in realtà non servire le comunità locali con il maggior bisogno di notizie di alta qualità. Nel 2019, il Pew Research Center ha stimato che il 44% degli adulti nelle famiglie con un reddito inferiore ai trentamila dollari non aveva accesso alla banda larga, un problema sia nelle aree urbane che in quelle rurali.
► Is There a Market for Saving Local News?, di Clare Malone sul New Yorker (tempo lettura 9 minuti).
2️⃣Lasciare Spotify non è poi così facile
Un conto è annunciare di essere dalla parte dei colleghi in protesta, un altro è lasciare effettivamente Spotify. David Crosby ha lasciato un tweet abbastanza disarmante, in cui diceva che se avesse avuto ancora il controllo della propria musica, l’avrebbe ritirata dalla piattaforma come l'amico e collega. Il controllo di tutti i suoi diritti, infatti, Crosby lo ha venduto circa un anno fa alla Iconic Artists Group, alla quale toccherebbe quindi, in teoria, spalleggiare la protesta. E sembra improbabile. Tra l'altro gli artisti, anche quelli che non hanno ceduto i loro diritti di pubblicazione, possono fare tutti gli annunci che vogliono, ma solo le loro case discografiche possono chiedere la rimozione di un catalogo, come ricorda il sito Music Business Worldwide.
► Il problema di Spotify non è (solo) la disinformazione di Joe Rogan, di Marina Nasi su Valigia Blu (tempo lettura 11 minuti).
3️⃣ Sesso, contenuti e pay per view
OnlyFans è nato a Londra nel novembre 2016 come piattaforma in abbonamento: creator di qualsiasi tipo possono aprire un profilo e permettere così ai propri “fan” di fruire di foto, video e altre produzioni in esclusiva, previo un abbonamento mensile. Sebbene nel tempo l’accesso vincolato al pagamento abbia reso il servizio un terreno fertile in primis per i sex worker, ci si può trovare di tutto. Si tratta di una realtà internazionale che ha conosciuto negli ultimi anni un successo strepitoso e la cui conoscenza, al di là di giudizi superficiali e sommari, ci aiuta a comprendere più in generale i meccanismi contemporanei della produzione di contenuti.
► OnlyFans spiegato a vostra madre, su Link idee per la tv, Paolo Armelli (tempo lettura 11 minuti).
📈 Chart, chart, chart!
🛒 La spesa nei prossimi anni in pubblicità a livello globale per singolo mezzo secondo previsioni del più recente report dell’agenzia Dentsu (gennaio 2022).
🎯 Amazon ha guadagnato quasi 10 miliardi di dollari lo scorso trimestre dalla pubblicità, il che la rende un'attività pubblicitaria più grande di YouTube, che ha raccolto 8,6 miliardi e più del doppio di quanto fanno Twitter, Snapchat e Pinterest messi insieme (via Chartr).
📺 Secondo un nuovo rapporto di Ampere Analysis, è stata Discovery la rete a livello globale a commissionare il numero maggiore di programmi TV nel 2021, con un record di 556 titoli TV in prima visione; ViacomCBS al secondo posto con 406 titoli di poco davanti a Netflix ferma a 403 titoli (fonte NextTV).
👋Prima di salutarci…
Una riproduzione, funzionante, molto simile alla mitica Lettera 22 della Olivetti realizzata dalla Lego in 2.079 pezzi.
#Mediastorm: una newsletter sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 30 - 6 febbraio 2022.
→ #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online → Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
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