#Mediastorm 83 – Quanto vendono i quotidiani italiani?
Aggiornamento primi sei mesi 2023 su dati vendita copie nella prima metà dell'anno e confronto con 2022 e 2021.
Dopo la pausa estiva avvio una nuova stagione di questa newsletter cerando di rispondere alla domanda che pongo nel titolo che da un po’ di tempo — anche in questo spazio — aggiorno mettendo in fila un po’ di dati e numeri dell’industria editoriale italiana.
In questo caso riferendomi alla prima metà dell’anno e facendo un confronto con i due anni precedenti — nel medesimo periodo ovviamente — per aprire così una finestra più ampia, utile a capire meglio le tendenze in atto, cosa più difficile da fare se ci limitiamo a cadenzare l’apertura e chiusura di quella finestra concentrandoci solo sui singoli mesi.
🔴 Qualche premessa
I dati sono quelli di ADS, la società che certifica diffusione e vendita delle copie dei giornali in Italia, e sono riferiti unicamente alle “vendite individuali” cioè quelle fatte a singole persone e non a “pacchetto” ad aziende, enti o associazioni.
In particolare: 1) le “vendite individuali cartacee”, cioè principalmente il canale edicola e, in misura nettamente inferiore, la grande distribuzione – per questo di seguito indico semplicemente come “edicole” –, 2) gli abbonamenti cartacei, 3) le copie digitali vendute a un prezzo uguale o superiore del 30% dell’intero e 4) quelle invece vendute tra il 10% e il 30% del prezzo intero.
Altra precisazione: i dati riferiti all’anno corrente sono quelli comunicati dagli editori (che ADS pubblica con la sigla DMS dopo aver fatto quelli che definisce “controlli di coerenza”) mentre quelli tra il 2021 e lo scorso anno sono quelli certificati dopo ulteriori verifiche con gli editori e con i distributori (vengono pubblicati con la sigla DMC dopo sette mesi e possono differire dai precedenti).
🔴 Il quadro generale
Bene, dopo tutte queste premesse iniziamo con un po’ di dati sull’aggregato di tutte le 60 testate quotidiane censite da ADS: le copie vendute nel giorno medio da gennaio a giugno nel 2023 sono state 1,49 milioni, comprese tutte le voci, quindi sia le copie cartacee sia quelle digitali. Nei primi sei mesi del 2022 erano 1,60 milioni e nel medesimo periodo del 2021 il volume di copie vendute nel giorno medio è stato di 1,74 milioni.
Una flessione quindi, quella della prima metà del 2023, di 112 mila copie rispetto al 2022 (-7%) e di 248 mila sul 2021 (-14,3%).
🔴 Edicola
È fondamentale, però, per avere il quadro della situazione guardare le singole voci: il canale edicola, è quello che incide di più in questa flessione, anche per il semplice fatto che rappresenta il 70% di tutte le vendite (sono anche quelle che, ha valore ricordarlo, rispetto a tutte le altre voci sono vendute a prezzo intero).
La vendita nelle edicole si mantiene in questa prima metà del 2023 ancora sopra il milione di copie medie (per la precisione 1,052 milioni) in calo di 117 mila copie sul 2022 (-10%) e 244 mila copie sul 2021 (-18,8%).
🔴 Digitale
La vendita di copie digitali (che pesano il 23% sul totale) aumenta ma solo grazie a quelle vendute con un prezzo compreso tra il 10 e il 30% del prezzo intero. È una tendenza che ho già messo in evidenza: se consideriamo il complesso dei quotidiani italiani il numero di copie digitali vendute in questi anni cresce solo grazie a quelle offerte a prezzi stracciati (praticamente regalate).
Quelle vendute a un prezzo uguale o superiore al 30% di quello intero sono sostanzialmente ferme da anni; dal 2017 (anno nel quale sono state rilevate nel dettaglio) a oggi questa voce di vendita è rimasta ancorata intorno alle 195 mila copie medie, poco più o poco meno. Non fa eccezione questa prima parte del 2023 con 194 mila copie mentre quelle vendute tra il 10 e il 30% del prezzo intero sono state 146 mila con una crescita rispetto a due anni fa del 25%.
Una frazione rispetto al volume delle copie vendute nelle edicole, certo, ma quello delle copie digitali è un dato importante perché è un indicatore degli abbonamenti digitali visto che molto raramente vengono vendute singolarmente. Un dato, quello degli abbonamenti digitali (o delle cosiddette “membership”, che gli editori in Italia non comunicano se non in modo discontinuo e in maniera molto generica, non specificandone la tipologia, se a prezzo intero o relativi a offerte speciali e periodi di prova).
È un elemento importante perché se la flessione delle vendita di copie cartacee è strutturale c’è da capire in che misura il digitale (soprattutto attraverso la subscription economy) argina la perdita di risorse del canale edicola. In mancanza di dati più dettagliati, sembra proprio che in Italia siamo ancora nella fase nella quale ci si preoccupa principalmente di fare “massa critica”.
Il punto è — vale la pena ripetere — che prima o poi, una parte della “massa critica” bisogna pur convertirla in abbonamenti con margini di guadagno più alti, anche perché i quotidiani italiani:
non possono giocare, più di tanto, su scale di grandezza nelle quali i margini di guadagno bassi hanno un effetto comunque positivo, da “coda lunga” (ad oggi nemmeno il New York Times può farlo più di tanto, per dire);
facendo così diminuisce ulteriormente, se non definitivamente, il valore percepito dai lettori dei contenuti su digitale, complicando terribilmente (eufemismo) la fase di conversione agli abbonamenti digitali a margine di guadagno più alto.
Benvenuta, benvenuto, sono Lelio Simi e questo è il ottantatreesimo numero di #Mediastorm una newsletter di appunti, storie, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”). Se non lo sei già, puoi iscriverti da qui:
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🔴Testate nazionali: i “top 4”
Se guardiamo le singole voci vediamo che il peso complessivo dell’aggregato dei top 4 sulle vendite nelle edicole è del 28% mentre sulla vendita di copie digitali è del 58% (su quelle vendute tra il 10 e 30% del prezzo intero questo valore sale al 67%) segno che il mercato degli abbonamenti digitali è ancora concentrato in poche testate nazionali.
Il Corriere: 225 mila copie medie vendute nei primi sei mesi del 2023, perde 8.800 copie dal volume di venduto (-3,8%) sui primi sei mesi del 2022, una flessione dovuta alle 16 mila copie in meno vendute nel canale edicola (-10,6%) e solo parzialmente recuperate dalla crescita del digitale +7.300 copie medie. Una nota positiva su queste ultime: quelle “premium” aumentano (+19,2%) nettamente di più rispetto a quelle vendute a prezzo basso (+1,1%), segno che qui la “conversione” di cui mi riferivo poco sopra, si è cominciata a fare. Nel complesso al Corriere le copie digitali pesano sul venduto il 40%,
Repubblica: 115 mila copie medie, il profondo ridimensionamento delle copie vendute a Repubblica è nelle dimensioni un “caso” ormai da un po’ di tempo, tanto da non destare — più di tanto — sorpresa di fronte a flessioni percentuali a due cifre. La prima metà del 2023 non fa eccezione con una perdita rispetto all’anno precedente di 16.200 copie medie (-12,3%).
A questa flessione contribuiscono tutte le voci di vendita, cartacee e digitali: il canale edicola (-10.640 copie medie ovvero -12,3% sul 2022) e le copie digitali (-5.520 copie medie -12,3%) oltre agli abbonamenti cartacei per il rimanente residuo. Una nota positiva può essere considerato il fatto che, comunque, la flessione in volumi del 2023 sul 2022 è circa la metà rispetto a quella del 2022 sul 2021 quando le copie perse sono state 31mila (-19%).
Il Sole 24 Ore: 92.400 copie medie, delle quali però 58mila sono copie digitali visto che al Sole ormai il peso del digitale ha superato nei volumi di vendita il cartaceo (63% del digitale contro il 37% del cartaceo). Le copie digitali vendute a prezzi più bassi rappresentano la voce di maggior peso sul volume di venduto: 37%.
Dal canale edicola ormai per il giornale di Confindustria passa soltanto il 25% delle copie vendute, ovviamente da sempre gli abbonamenti, cartacei e digitali, per un giornale così legato alle comunità professionali pesano molto più che in altri contesti. Nel complesso nel confronto con l’anno precedente perde il 4,4% con tutte le voci caratterizzate dal segno meno.
La Stampa: 76.700 copie medie (nel complesso tra carta e digitale -10,9% sul 2022), qui il cartaceo è ancora la voce nettamente più alta dei volumi di venduto con un peso dell’85%. Da notare la netta flessione degli abbonamenti cartacei avvenuta nel 2022 che ha portato questa voce a passare dalle 12 mila copie medie del 2021 (ricordo tutti i dati sono riferiti ai primi sei mesi dell’anno) alle 4.900 del 2023 (complessivamente un notevole -59% estendendo il confronto a due anni).
🔴 Altre testate nazionali
Continuo con un altro gruppo di quattro quotidiani nazionali che mi sembrano particolarmente interessanti da analizzare: Il Fatto Quotidiano, La Verità, Il Giornale e Libero.
Il Fatto Quotidiano: 49 mila copie vendute nel giorno medio, nel confronto con i primi sei mesi del 2022 guadagna 900 copie medie (+2%), un incremento dovuto unicamente alla notevole crescita della voce di vendita delle copie digitali a prezzo più basso, che aumentano di 5 mila copie sul 2022 (+189%) grazie al quale riequilibra la perdita, in volumi, del canale edicola (-1.800 copie, pari a un -7,9%) e soprattutto le copie digitali vendute a prezzi superiori al 30% dell’intero (-2.170 copie, ovvero -10%).
Un cambio di strategia per il Fatto che fino a poco tempo fa non faceva per niente affidamento per incrementare le vendite sugli abbonamenti digitali più economici. Nel 2021 il peso sui volumi di venduto di questi ultimi era di appena lo 0,8%, nel 2023 è salito al 15%. Nel complesso — nonostante la flessione del 19% accumulata negli ultimi due anni— sono ancora le copie digitali vendute a un prezzo superiore al 30% dell’intero una delle voci principali, più o meno come il canale edicola, con un peso sul volume complessivo di venduto di circa il 40%.
La Verità, Il Giornale e Libero. Metto assieme in un unico “blocco” queste tre testate perché per molti aspetti sovrapponibili (linea editoriale e “taglio” molto simili, firme che passano da una all’altra). Se si guardano i volumi di vendita complessivi nei primi sei mesi del 2023 è La Verità la “capofila” di questo gruppo con 32.800 copie medie (-10% sul 2022), seguita dal Il Giornale (28.600 copie medie, -10,4%) e Libero (21.900 copie medie, +10,4%).
Se però ci focalizziamo sulle singole voci di vendita vediamo delle differenze a livello di strategie editoriali: Il Giornale e Libero si affidano pressoché unicamente al canale edicola e quasi niente alla vendita di copie per abbonamento sia cartaceo che digitale (il rapporto è per entrambi intorno al 94% vs. 6%), mentre a La Verità le copie digitali pesano per il 26% (con netta preponderanza di quelle più economiche).
Nel complesso questo aggregato caratterizzato —è facile immaginare—da un dinamico flusso di lettori da una testata all’altra (con il Giornale che però ha soprattutto ceduto lettori), perde 5 mila copie medie sui primi sei mesi del 2022 e 8.700 copie sul 2021, facendo flettere il volume di venduto rispettivamente del 6% e del 10%.
#Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online → Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
🔢 Numeri notevoli
Dopo tutti questi dati sulle vendite di copie qualche dato economico su alcune testate: nel mese di agosto molte testate pubblicano secondo quanto previsto dall’articolo 9 della delibera 129/02/CONS dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni i loro bilanci riferiti all'anno precedente (agosto è il termine ultimo nel quale sono obbligati a farlo). Ne pubblico alcuni, in sintesi, riferiti al “Prospetto voci editoriali al 31-12-2022” e all'utile (o perdita) di esercizio.
🔴 Domani: vendita copie 3,171 milioni di euro; pubblicità: 1,049 milioni di euro; ricavi da editoria online: 1,293 milioni di euro (di cui abbonamenti: 1,271 milioni e pubblicità: 21.430 euro). In totale: 5,513 milioni di euro. Perdita esercizio: 3,585 milioni di euro.
🔴 Il Foglio Quotidiano (società cooperativa): vendita copie 1,723 milioni di euro; pubblicità: 1,466 milioni di euro; ricavi da editoria online: 1,438 milioni di euro (di cui abbonamenti: 968 mila e pubblicità: 470 mila euro). Ricavi da altra attività editoriale 1,501 milioni. In totale: 6,128 milioni di euro. Utile esercizio: 862 mila euro.
🔴 Editoriale Libero srl: vendita copie 7,767 milioni di euro; pubblicità: 1,753 milioni di euro; ricavi da editoria online: 2,750, milioni di euro (di cui abbonamenti: 257 mila e pubblicità: 2,493 milioni di euro). Ricavi da altra attività editoriale 272 mila euro. In totale: 12,543 milioni di euro. Utile esercizio: 139 mila euro.
🔴 Internazionale: vendita copie 7,022 milioni di euro; pubblicità: 1,140 milioni di euro; ricavi da editoria online: 838 mila euro (di cui abbonamenti: 686 mila e pubblicità: 152 mila euro). Ricavi da altra attività editoriale 118 mila euro. In totale: 9,119 milioni di euro. Utile esercizio: 39.841 euro (nel 2021 era di 706.048 euro).
Di questa lista di testate, ha valore ricordare, Il Foglio e Libero nel 2022 hanno ricevuto contributi diretti alle imprese editrici (Decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70).
E adesso è davvero tutto per questa settimana, grazie per aver letto fino a qui, al prossimo numero di #Mediastorm.
Lelio