#Mediastorm 70 – La scommessa di Meta e Google
Multiverso e IA sventolate come nuove frontiere, ma intanto i ricavi netti diminuiscono. La vera scommessa è dimostrare di saper fare innovazione ma (questa volta) con rapporto costo/ricavi sostenibile.
È stata questa la settimana nella quale molte (quasi tutte direi) le big tech hanno pubblicato il loro bilancio economico relativo al quarto trimestre del 2022, ovvero il più importante perché quello che tira le somme di tutto l'anno.
Un anno, forse non c’è bisogno di ricordarlo, che è stato per la maggior parte di loro (direi per quasi tutte) uno dei peggiori, con un deciso ridimensionamento del loro valore di capitalizzazione che ha generato la prima grande ondata di licenziamenti tra le aziende tecnologiche della Silicon Valley (quella che con una battuta l’esperto di marketing Scott Galloway ha definito la “recessione dei gilet Patagonia” e che nei titoli di giornale, anche da noi, è stata presentata con toni apocalittici).
Tutto questo — è stato detto — sta generando una richiesta di maggiore concretezza, un'attenzione verso parametri più “sani” e di “qualità” come, molto banalmente, gli utili netti o i margini operativi (il rapporto tra costi e ricavi) un po' (eufemismo) trascurati negli anni della crescita a doppia cifra in favore di quelli meramente quantitativi — sostenuti a qualsiasi costo — come ad esempio numero di utenti/abbonati.
E in questo senso, l'ondata di licenziamenti di una parte più (Twitter) o meno (Alphabet/Google) consistente è stata vista, piaccia o meno, da Wall Street come un ritorno a una maggiore attenzione al contenimento dei costi (e i CEO di queste aziende, come se la cosa non fosse stata minimamente prevedibile, hanno dichiarato “ops, sì in effetti abbiamo esagerato con le assunzioni, mandiamo un po' di gente a casa”).

Come stanno i dominatori del mercato pubblicitario?
Per l'importanza che rivestono nel mercato pubblicitario ovviamente Alphabet/Google e Meta/Facebook sono due delle aziende più interessanti a cui dare un’occhiata ad alcuni dati economici. Ci provo brevemente.
I ricavi di Alphabet/Google sono cresciuti tra 2022 e il 2021, del 10% (raggiungendo i 282,8 miliardi di dollari); crescono anche quelli pubblicitari, intorno al 7%, grazie soprattutto alla “search” perché YouTube e gli altri servizi registrano una crescita minima (in totale i ricavi da advertising sono stati pari a 224,5 miliardi).
Discorso un po’ diverso per Meta/Facebook perché anche se di solo un 1% i ricavi totali (che per il 97% derivano da pubblicità) calano rispetto al 2021 (erano 117,9 miliardi di dollari, a fine 2022, sono diventati 116,6 miliardi). Il punto è che i costi sono aumentati del 23% così che il reddito netto (23,2 miliardi) si è ridotto del 41% rispetto all’anno precedente.
Anche per Alphabet i costi sono aumentati più di quanto non abbiano fatto, a livello percentuale, i ricavi e il reddito netto è così sceso del 21% sul 2021.
Per Facebook molto dell’aumento sproporzionato dei costi è riconducibile al progetto sul metaverso nel quale Zuckerberg ha deciso di giocare il futuro dell’azienda, ma sul quale gli investitori nutrono parecchi dubbi.
Anche perché — dettaglio di non poco conto — Zuckerberg non è oggettivamente riuscito a comunicare loro cosa davvero intenda per metaverso. In questo senso i 13,7 miliardi di dollari di perdita operativa registrati nel 2022 da Reality Labs sembrano davvero uno sproposito.
Google invece punta molto sull’intelligenza artificiale come ha scritto ad inizio della lettera agli investitori il CEO Sundar Pichai: “I nostri investimenti a lungo termine nella computer science avanzata ci rendono estremamente ben posizionati proprio mentre l'IA raggiunge un punto di svolta, e sono entusiasta dei balzi guidati dall'IA che stiamo per svelare nella ricerca”.
Insomma entrambi i giganti della pubblicità sembra vogliano convincere tutti (gli investitori in particolare) a rinnovare la fiducia nella loro capacità di innovare, di creare, sviluppare e portare alla massima potenza nuove tecnologie — la cui reale portata però oggi è ancora da valutare — grazie alle quali creare nuovi mercati che vadano oltre il semplice concetto di pubblicità come l’abbiamo pensata fino ad oggi. La domanda è: a che prezzo?
[breve nota: facendo due calcoli su ricavi da pubblicità dei pure-play, le aziende native digitali, prendendo i 495 miliardi di dollari a livello globale previsti per il 2022 dal gigante dei centri media GroupM, la quota del duopolio di Google-Facebook è ancora intorno al 63%, per dire che, insomma, nonostante qualche set perso non sono, per il momento, ancora a giocarsi con i loro avversari il match ball].
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il settantesimo numero di #Mediastorm una newsletter di appunti, storie, segnalazioni, dati e approfondimenti per cercare di capire come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente l’economia delle industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”). Se non lo sei già, puoi iscriverti da qui:
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📊 Chart, chart, chart!
📱 Quanto costa 1 gigabite? Secondo questo grafico di Semafor (la fonte è cable.co.uk) in Italia simo quelli che lo paghiamo meno, mediamente 0,12 dollari; verifichiamo le bollette.
📺 I blockbuster di Netflix in un’unica infografica (realizzata da Genuine Impact), che prende come parametro le ore di visualizzazione.
📰 C’è ancora qualcosa da tagliare? Dopo l’ondata di licenziamenti negli Stati Uniti in campo editoriale tra quotidiani tradizionali e siti di news nativi digitali, sembra che (la fonte è il Pew Research Center) nel 2021 la tendenza sia rallentata (ma d’altronde una volta tagliato il tagliabile…).
👓 Un po’ di cose da leggere (o rileggere)
ChatGPT è una rivoluzione, i giornalisti devono chiedere di sapere e di partecipare. La realtà in questi decenni ci ha insegnato che non possiamo più coltivare l’illusione che il mestiere rimanga quello che abbiamo conosciuto: non è più così già oggi, e non solo per noi giornalisti. È l’intera funzione di mediazione che viene socialmente riformattata, alla luce di una sempre maggiore rivendicazione da parte degli utenti di appropriarsi di saperi, competenze e soprattutto funzioni decisionali. Proprio per non lasciare la tecnologia solo agli ingegneri dobbiamo, da giornalisti, indagare le cause e gli interessi che stanno alla base di questa tendenza (→ Professione Reporter).
L'intelligenza artificiale che genera contenuti testuali è un killer del settore o un hype momentaneo? Se hai letto tutto il clamore sull'ultimo chatbot di intelligenza artificiale, ChatGPT, potresti essere scusato se l’idea che ti sei fatto è che la fine del mondo sia vicina (→ Nieman Journalism Lab).
In che modo le nuove potenti tecnologie trasformano le economie? C'è la possibilità che una potente intelligenza artificiale rompa gli schemi storici. Una tecnologia in grado di gestire quasi tutti i compiti che una persona può svolgere porterebbe l'umanità in un territorio economico inesplorato. Eppure, anche in uno scenario del genere, il passato fornisce alcune lezioni (→ The Economist).
Se Google penalizza i siti di informazione. Lo ha denunciato Press Gazette sulla base di una ricerca di una società indipendente. Come scrive (→ Avvenire) la questione è molto seria e non riguarda solo gli editori e i giornalisti, ma anche i lettori e tutti coloro che hanno a cuore la democrazia. Per farci capire l’importanza della cosa, i due siti più penalizzati in Gran Bretagna, hanno registrato un calo di visibilità delle ricerche del 61% e del 60%.
Il bello della diretta social (→ Siamomine) È il 2016 quando le prime voci anticipano l’arrivo di una nuova esperienza digitale, dedotta da altri social come accade spesso: gli utenti potranno andare “live” su Instagram con dei video. Queste dirette sono intese come momenti fluidi, disorganiche e disorganizzate per alcuni, ultra formalizzate per altri. Si entra nelle case delle persone, le si osserva quasi senza filtri, in solitudine o in compagnia, si lascia un commento e spesso, si va via .
Come cambierà la filiera libraria se Twitter fallisce? Il recente caos nel quale è finito Twitter ha portato molte comunità a chiedersi: cosa succede se dovesse chiudere? Una di queste è “Book Twitter”, composta da scrittori, editori, agenti, librai, redattori e organizzazioni letterarie. Di recente, autori di spicco hanno deciso di eliminare o bloccare a tempo indeterminato i loro account, suscitando molti timori che tutto questo possa portare alla fine di questa comunità (→ Esquire).
Come sarà il futuro delle royalties in streaming? Abbiamo capito che oggi tutti sono d'accordo nel voler cambiare modello di pagamento delle royalties nello streaming musicale, cosa difficile adesso è capire come — e con quali modelli— si vuole procedere. Qualche ipotesi dopo che la Universal e Tidal hanno siglato un nuovo accordo (→ Billboard).
📘 #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online → Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
👋 Prima di salutarci…
Come sono fatti i dischi in vinile? O meglio, come vengono ancora oggi realizzati nell’era dominata dalla cosiddetta musica liquida. Quelli di Wired sono andati, qualche giorno fa, a vederlo direttamente in una casa discografica, la Third Man Records. Su YouTube però si trovano anche testimonianze molto più antiche come, ad esempio, un documentario su come la RCA realizzava i suoi 78 giri nel 1946.
È davvero tutto per questa settimana, grazie per aver letto fino a qui, alla prossima puntata,
Lelio.
#Mediastorm: una newsletter di appunti, storie e idee sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 70 - 5 febbraio 2023.
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[L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato].