#Mediastorm 57 – In cerca di scarsità
Nell'era digitale dell'abbondanza e delle library infinite i giganti dello streaming hanno difficoltà a generare momenti culturali di valore che durino nel tempo.
C'è stato un tempo nel quale quando vedevi un film appena uscito al cinema non sapevi, poi, esattamente quando saresti riuscito a vederlo di nuovo: qualche sala o cineclub lo avrebbe riproposto?, quando lo avrebbero pubblicato in dvd o programmato in TV? Tutte cose che non dipendevano minimamente dalla tua volontà. Sembra un epoca molto remota ma si parla di quando? Poco più di un decennio fa, alla fine.
Quell'attesa che, come sappiamo bene, è stata cancellata dall'era digitale dell'abbondanza (accelerata, appunto, nell’ultimo decennio dall’affermazione dello streaming) era però un fattore, non unico ma molto importante, per fare di un film di successo un “evento”, aggiungeva cioè un valore che andava oltre i margini di guadagno determinati, nell'immediato, dal rapporto costi/ricavi.
Ovviamente non vale solo per i film ma anche per tutte le altre industrie dei media e dell’intrattenimento. Se ne parla da un po’ (anche in questa newsletter ne ho fatto più volte accenno), alcune cose dell’era della scarsità sembrano avere un valore che l’era dell’abbondanza “immateriale” non riesce a generare.
Netflix sta rivedendo le sue strategie in merito alle uscite nelle sale cinematografiche di alcuni suoi film consapevole che, appunto, la sola pubblicazione sulla piattaforma streaming non sappia aggiungere quell’aura di evento a un film che ambisce a un successo che duri nel tempo.
I dischi in vinile (ma anche i CD) stanno assumendo un ruolo sempre più importante nelle campagne di marketing per i musicisti: “Lo streaming è più semplice ed economico per le etichette rispetto al vinile, il che lo ha reso il loro formato preferito. Ma vinile e CD generano maggiori entrate, soprattutto all'inizio del ciclo di vita di un progetto, il che aiuta a ridurre il rapporto tra i costi fissi delle etichette e le entrate” ha scritto Billboard commentando il successo a fine maggio dell’album del cantante e attore Harry Styles: 7,26 milioni di dollari negli Stati Uniti alla sua prima settimana con il vinile che “pesava” per il 61,9% su questi incassi.
C’entra ovviamente il fascino della scarsità —reale o finta che sia— che da sempre produce valore, ancora di più per quanto controintuitivo possa sembrare, anche nell’era della disponibilità potenziale di qualsiasi cosa (un fascino che viene esercitato anche sulle generazioni più giovani nate e cresciute nell’era dell’abbondanza, ad esempio nel “fenomeno “ dello streewear, come ha spiegato molto bene Gianluca Diegoli).
Ma non basta questo a spiegare tutto: ad esempio, limitare l’accesso a dei contenuti digitali per aumentarne il valore non ha necessariamente quel tipo di effetto: “mettere un paywall a un prodotto multimediale è un meccanismo per produrre artificialmente scarsità. Ma è improbabile che conferisca agli acquirenti molto status. Nessuno pensa che io sia “figo” perché mi abbono a Spotify o Netflix” ha fatto notare l’esperto musicale Dan Runcie nella sua newsletter Trapital.
La recessione economica e il ritorno nel dopo Covid ad eventi dal vivo renderanno ancora più complesse le dinamiche dell’economia dell’attenzione ponendo nuove sfide, “i nuovi driver di valore stanno cambiando” ha giustamente fatto notare Midia Research in un’analisi molto interessante che significatamene hanno titolato “Come può l'intrattenimento reintrodurre la scarsità in un momento di saturazione dell'attenzione?”:
La qualità di una produzione non è più sufficiente. Al contrario, il pubblico cerca coinvolgimento; cose in cui possono essere coinvolti e crearne di proprie. […] Il problema della scoperta e di come generare momenti culturali deve ancora essere risolto, ma forse il valore non è scoprire cose buone, ma piuttosto curare contenuti che desideriamo guardare e ascoltare per il loro valore culturale. Nessuna piattaforma di streaming ha ancora fissato quel processo.
Benvenuta, benvenuto, sono Lelio Simi e questo è il cinquantasettesimo numero di #Mediastorm una newsletter di appunti, storie, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”). Se non lo sei già, puoi iscriverti da qui:
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🗞️ Quanti pagano i quotidiani che leggono?
Lo scorso martedì Audipress ha pubblicato il nuovo rapporto su audience (lettorato o readership se si preferisce il termine in inglese) dei giornali italiani. I dati sono sempre fonte per analisi approfondite sullo stato di salute dell’industria editoriale italiana, mi prometto di tornarci con più calma e pubblicare anche qui qualcosa di (spero) interessante.
Per il momento ho aggiornato alcune chart che avevo già realizzato per questa newsletter su un dato che trovo particolarmente interessante: la provenienza delle copie nelle letture totali dei quotidiani italiani. (Precisazione: letture non lettori, Audipress indica per questa voce le letture complessive generate dal lettori nel giorno medio).
Come si vede nel 2020, le ragioni sono facili da intuire, le letture generate da copie avute gratuitamente sono scese per la prima volta sotto il 50% e anche nei valori totali sono state sorpassate da quelle “comprate da me o familiare”. Un dato per molti versi “storico”.
I dati del nuovo report sembrano però prefigurare un ritorno delle letture generate da copie gratuite, domanda: il fenomeno era interamente dovuto agli effetti dei lockdown?
Più in generale però ha valore ricordare come il cosiddetto “peccato originale dei giornali online” cioè quello di fornire contenuti gratuitamente si sia inserito in un contesto che vedeva da anni le persone in Italia leggere anche le copie dei quotidiani cartacei gratuitamente, per una percentuale nettamente maggioritaria che raggiungeva, ad esempio nel 2018, oltre il 60% (personalmente, ma non sono l’unico, credo che quel “peccato originale” sia un falso problema, per quanto molti siano convinti del contrario).
🔖Letture e segnalazioni (in breve)
I creatori di contenuti rappresentano il 39% delle ore multimediali settimanali consumate dagli americani di età pari o superiore a 13 anni rispetto al 20% per i contenuti video su app di streaming in abbonamento e al 18% per i contenuti TV tradizionali, il 38% in totale. E questa strategia potrebbe diventare la chiave di molte delle sfide che il settore deve affrontare, scrive Media Post commentando un rapporto della IAB.
Il fatturato di TikTok in Europa è aumentato di quasi sei volte nel 2021, scrive il Financial Times…
… Sì però ByteDance, la società madre di TikTok ha visto le sue perdite operative più che triplicate nel 2021 superando i 7 miliardi di dollari, ha riportato il Wall Street Journal.
Netflix stima che il livello supportato dalla pubblicità raggiungerà 40 milioni di spettatori entro la fine del 2023 scrive il Wall Street Journal.
“Nonostante il Times oggi possieda The Athletic, i fondatori del sito hanno ricordato ai loro dipendenti che non dovevano dire alle loro fonti che lavoravano per il Times”. Sembra che quello tra The Athletic e il New York Times sia un matrimonio (acquisizione costata 550 milioni di dollari) pieno di tensioni, secondo il Washington Post.
Qual è lo scopo di un prequel quando sappiamo tutti che le cose finiscono male? Si chiede Literary Hub a proposito di tre serie TV di successo come Better Call Saul (Netflix), Andor (Disney+) e House of Dragon (HBO). E la risposta non è la stessa per tutte e tre.
“La vendita dei supporti fisici continua ad essere diffusa in Giappone, in controtendenza al resto del mercato occidentale che predilige lo streaming. Paragonando le vendite durante il 2021 nei cinque più grandi mercati della musica, rispettivamente Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Germania e Francia, si nota che, mentre le vendite di musica attraverso streaming o download nei tre paesi europei e in America si attestano fra il 70 ed il 90%, nel Sol Levante questa percentuale è di circa il 40 percento, con il restane 60% occupato da supporti fisici, vinile certo, ma soprattutto cd”. (Il Manifesto).
📖 #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online → Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
👋Prima di salutarci…
Sinergie…
È davvero tutto per questa settimana, alla prossima.
Lelio.
#Mediastorm: una newsletter di appunti, storie e idee sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 57 - 16 ottobre 2022.
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[L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato].