#Mediastorm 40 – Ritorno al passato
Molte "cose" dell'era analogica date per morte riconquistano spazio nell'industria dei media, bisogna ripensare la reale portata della disruption digitale?
Negli Stati Uniti i ricavi dalla vendita di dischi in vinile, nel 2021, hanno raggiunto il miliardo di dollari (per la precisione 1,037 miliardi di dollari), non accadeva dal 1986.
Crescono anche le vendite del buon vecchio compact disc (dato spesso per prossimo alla morte) in volume e ricavi e, se si guardano più nel dettaglio i dati forniti a marzo dalla RIAA (l’associazione dei discografici americani), è interessare notare che oggi le vendite fisiche pesano sui ricavi totali dell’industria statunitense della musica registrata, quanto lo streaming sostenuto da pubblicità e circa tre volte il download (il formato che a inizio anni Duemila ha salvato questa industria dal tracollo totale dopo il ciclone Napster).
Tutto questo quando i ricavi della musica registrata negli Stati Uniti hanno toccato il picco mai raggiunto grazie, va ricordato, allo streaming che vale nel complesso nelle sue varie forme (a pagamento e ad-supported) l’83% dei quasi 15 miliardi di dollari totali di questa industria negli Stati Uniti.
Sì, di crescita del vinile si parla ormai da un decennio e, quel miliardo del 1986 andrebbe pesato non solo a livello nominale ma rivalutato tenendo conto dell’inflazione; mettiamo in conto anche il (lento) ritorno alla normalità dopo gli anni della pandemia e dei lockdown, resta però una pietra miliare importante lo scatto in avanti dei ricavi dalle vendite in vinile negli Stati Uniti con un notevole +61% sul 2020 e un ancora più notevole +109% sul 2019.
Il New York Times a novembre dello scorso anno ha raccontato come, addirittura, la crescente domanda di dischi in vinile “stia superando la capacità industriale necessaria a sostenerla, creando delle impasse nella produzione, per l’eccessiva dipendenza da macchinari vecchi di decenni che porta a gravi ritardi; se un paio di anni fa un nuovo disco poteva essere realizzato in pochi mesi; ora può volerci fino a un anno, buttando all'aria i piani di rilascio degli artisti”.
Il Times racconta, tra l’altro, come la Joyful Noise Recordings — una casa discografica di Indianapolis con un pubblico di affezionati al vinile e altri formati analogici (ha circa 500 clienti premium che pagano l'etichetta 200 dollari all'anno per le edizioni speciali di ogni LP che produce) — abbia deciso di rispolverare una vecchia pressa utilizzata più di quaranta anni fa, nonostante i suoi lunghissimi tempi di lavorazione, per produrre dei singoli realizzati al tornio per ciascuno degli otto album che intende pubblicare nel 2022, come bonus mentre i suoi clienti attendono il LP vero e proprio: “Farlo costerà molto tempo e denaro ma i responsabili dell’etichetta lo vedono come un investimento necessario”.
D’altronde anche al di fuori le etichette indipendenti, per artisti del calibro di Taylor Swift il vinile è diventato una parte importante delle loro strategie marketing.
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il quarantesimo numero di #MEDIASTORM una newsletter di appunti, storie, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”).
Se non lo sei già, puoi iscriverti a questa newsletter da qui:
Se dopo averla letta hai suggerimenti, domande o segnalazioni da farmi puoi scrivermi a questa email leliosimi@substack.com, altrimenti se quello che ho scritto ti suggerisce delle riflessioni puoi usare direttamente la sezione commenti. Se invece vuoi consultare le altre puntate di #Mediastorm puoi farlo da qui: Archivio #Mediastorm.
Le sale cinematografiche e il dilemma di Netflix
Nel frattempo si sta parlando molto sul ruolo del circuito delle buone vecchie sale cinematografiche nelle strategie dello streaming video, la reticenza (eufemismo) a distribuire titoli nei teatri da parte di Netflix è nota, ma come sappiamo un po’ di cose, importanti, stanno cambiando nelle strategie dell’ancora principale streamer video al mondo.
Bloomberg nella sua newsletter Screentime curata dal giornalista ed esperto di media Lucas Shaw racconta che i dirigenti senior di Netflix hanno discusso di provare a far uscire alcuni film con una finestra più lunga (probabilmente 45 giorni) in migliaia di sale entro la fine dell’anno “Due potenziali candidati sono il sequel di Knives Out e un nuovo film di Alejandro González Iñárritu. Se il test funziona, la società potrebbe rilasciare fino a una dozzina di titoli nelle sale in futuro”.
Il problema non è tanto distribuire film nelle sale (lo ha già fatto in passato con parsimonia e con “finestre” di due settimane, ha anche pensato di acquistare una catena di cinema, ma poi ci ha ripensato) ma farlo “nelle sale di proprietà di AMC e Cineworld Group Plc, le due più grandi catene del mondo. Netflix ha bisogno di un accordo con loro per dare ai suoi titoli una distribuzione adeguata a livello globale”.
D’altronde queste grandi catene hanno bisogno di nuovi titoli tutte le settimane per rimettere in moto a pieno regime la “macchina” della programmazione dopo i lockdown (e Netflix è quella che sforna nuovi titoli più di tutti), ma pretendono campagne di marketing adeguate, e quindi molto costose, per lanciare l’uscita nelle sale come si deve.
A Netflix però non sono abituati a spendere molto in qualcosa che non serva a migliorare la loro piattaforma digitale; soprattutto in qualcosa che — come il pubblico delle sale — non è fonte di dati dettagliati e precisi come sono abituati a raccogliere online.
Inoltre se da una parte “l'uscita nelle sale potrebbe cannibalizzare il pubblico dello streaming” dall’altra “la popolarità dei film distribuiti nelle sale sui principali servizi di streaming suggerisce che le campagne di marketing e il passaparola possono rendere quei film più attraenti quando escono sulla piattaforme”.
E aggiungo, anche se superfluo, Netflix oggi dopo gli ultimi dati finanziari ha disperatamente bisogno di elevare a rango di “grande evento” di lunga durata (per mantenere e aumentare il suo pubblico, per il merchandising) le sue principali produzioni cosa che, relegandole dentro il solo streaming, ha molta difficoltà a fare.
Il declino del giornale di carta, eppure…
Nell’industria dei giornali il declino della carta è ormai irreversibile, strutturale, non c’è dubbio. Eppure. Molti all digital hanno scelto di “materializzarsi” con versioni cartacee dando vita a iniziative editoriali destinate al circuito delle librerie e (più raramente, e più rischiosamente) delle edicole.
BuzzFeed ha dato vita a una collana di buon successo di libri cartacei propaggine del loro fortunato format dedicato alla cucina Tasty; da noi in Italia testate online come Il Post, Linkiesta e TPI hanno lanciato un loro progetto editoriale su carta probabilmente più per dare “sostanza” al loro marchio che non per creare nuove fonti di guadagno.
In molti sono convinti che il New York Times — che oggi sta guidando la trasformazione digitale nel settore nell'industria dei giornali —non avrebbe avuto lo stesso successo in questa sua operazione senza poter contare sul “prestigio” di un giornale di carta che le persone possono acquistare nelle edicole o trovare la mattina sullo zerbino della propria porta di casa.
Il tema della data dell'ultima copia del New York Times affascina per il suo valore simbolico (data molto teorica comunque viste le ottime vendite dell’edizione del fine settimana), a me sembra però più interessante oggi chiedersi quale valore percepito il New York Times avrebbe nei lettori (anche in quelli che non lo hanno mai preso tra le mani, e mai lo faranno) una volta presente unicamente nella dimensione digitale, come sito online e app sullo smartphone.
In conclusione
Al di là di una mera analisi costi-benefici (ad esempio per i giornali potrebbe arrivare veramente un momento nel quale la versione cartacea avrà margini di guadagno talmente risicati da consigliare di smettere di stamparli) è davvero possibile pensare a una totale “smaterializzazione” dei prodotti delle industrie dei media, a favore di un’unica dimensione dentro uno smartphone?
Molte “cose” dell’era analogica pur avendo oggi una posizione decisamente più marginale rispetto al digitale sembrano riconquistare un ruolo affatto banale. Non era una cosa che eravamo abituati a pensare, nella narrazione di sé molti disruptor digitali hanno molto insistito sulla contrapposizione “vecchio vs. nuovo”, sul fatto di essere totalmente alternativi, e i loro strategie non integrabili con quelli della vecchia industria (e gli investitori finanziari hanno promosso all'eccesso e speculato su questa narrazione). Ma è ancora un racconto che possono ancora permettersi di fare?
La rapida ascesa e ancora più rapido declino del download musicale ci dice che sono i formati digitali ad essere più facilmente sostituibili, da un nuovo formato digitale, ma che il valore che ancora attribuiamo a quelli analogici non è facile da trasferire nella dimensione digitale.
📈 Chart, chart, chart
📉 10 anni fa, il 18 maggio 2012, Facebook è diventato pubblico in quella che è ancora la più grande IPO tecnologica della storia. L'account Instagram di Stock Trading Pit ripercorre in una infografica da quella IPO a oggi le valutazione del titolo di Facebook con timeline degli eventi più importanti.
🤳 Il sorpasso di TikTok: secondo le previsioni di eMarketer, le entrate pubblicitarie negli Stati Uniti di TikTok supereranno quelle di YouTube nel 2024 quando l'app cinese realizzerà ricavi da advertising per 11,01 miliardi di dollari, superando i 10,71 miliardi di YouTube.
👋Prima di salutarci…
Prendere appunti: “L'errore più grande che commettiamo nel marketing è credere che la scelta sia un vantaggio. No, è una tassa. I consumatori non vogliono più scelta, vogliono più fiducia (“confidence”) nelle scelte presentate. TikTok ha portato questo a un nuovo livello eliminando completamente l'onere della scelta. Il suo contenuto è un flusso continuo di video in cui le decisioni vengono prese per te. La tua unica scelta: cosa non guardare” — Scott Galloway, TikTok Boom, da leggere la sua newsletter di questa settimana.
#Mediastorm: una newsletter di appunti e idee sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 40 - 22 maggio 2022.
→ #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online → Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
→ Per collaborazioni e contatti professionali qui mio profilo LinkedIn (ma puoi anche scrivermi all’email qui sotto).
→ Se sei interessato a seguirmi qui il mio account Twitter e su Medium, qui invece il mio portfolio (aggiornato sempre in grande ritardo).
→ Se hai appunti, suggerimenti o correzioni da suggerirmi puoi scrivermi qui: leliosimi@substack.com.
[Per leggere questa newsletter sul web clicca sulla testata. L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato].