#Mediastorm 29 – L'ascesa delle super-app
Dai "giardini recintati" alle "fortezze dei contenuti" quali scenari per le aziende dei media?
Qualche tempo fa, dicembre 2018, mi colpì molto un articolo pubblicato nel blog aziendale di uno dei fondi d’investimento più importanti della Silicon Valley, nel quale si sottolineava una cosa abbastanza evidente ma sulla quale, probabilmente, fino ad allora si era poco riflettuto: tutte le più grandi aziende tecnologiche americane che dominano il mercato lo fanno, sostanzialmente, con un unico modello di business, basando tutto (o quasi tutto) su un’unica fonte di ricavo. E questo per loro potrebbe essere un grosso problema:
“La storia ci ha insegnato che non tutte le aziende affermate possono riuscire a passare da un modello di business ad un altro. L’attuale gruppo di aziende Internet farà questo salto verso esperienze utente più personalizzate e meno incentrate sulla pubblicità o sulle transazioni? Forse, dato tutto questo, le FAANG potrebbero essere più vulnerabili di quanto molti pensino”.
Non male come avvertimento da parte da chi, come la società di venture capitalism Andreessen Horowitz, ha sostenuto economicamente nella loro ascesa aziende come Facebook, Pinterest o Twitter.
Nello stesso articolo si portava come modello le tech company cinesi che hanno diversificato le fonti di ricavo e sviluppato applicazioni dove è possibile accedere, contemporaneamente, a più funzionalità: guardare un film e nel frattempo ordinare da mangiare o acquistare un prodotto appena visto in un video. Insomma quelle che comunemente oggi sono chiamate super-app: un’unica applicazione mobile che offre servizi tra cui chat e pagamenti, insieme a una suite di mini-app di terze parti, che vanno dai negozi e i ristoranti alle agenzie governative.
Di super-app in questi ultimi mesi si è tornati a parlare: ad esempio The Verge ha pubblicato un pezzo L’ascesa delle super app, mentre The New York Review ha utilizzato un titolo ancora più esplicito Super-app are inevitable un’analisi a firma dell’esperto di marketing Scott Galloway:
“Una piattaforma che soddisfa ogni aspetto dell’esperienza del consumatore in qualsiasi mercato sarà una delle aziende di maggior valore in quel mercato. L’azienda che si affermerà nella leadership delle super-app in America sarà l'azienda più preziosa della storia. [...] Sono convinto che la costruzione di una super-app statunitense sia l'imperativo strategico del prossimo decennio e potrebbe portare alla prima azienda da 5mila miliardi di dollari”.
Quali scenari per industria dei media? Provo a mettere in fila qualche nota.
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il ventinovesimo numero di #MEDIASTORM una newsletter di appunti, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”).
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Il Contesto: perché le super-app si sono sviluppate in Cina? Nel mio libro Mediastorm introducendo l’argomento lo spiego così:
“La Cina è diventata mobile-first saltando, nella sua digitalizzazione sia il pc che la carta di credito, gli smartphone sono l’unico modo nel quale molte persone sono collegate a Internet e i pagamenti attraverso i cellulari sono ormai d’uso comune. Inoltre per le Big Tech cinesi come Tencent, Alibaba o Baidu lo sviluppo di tecnologie per la profilazione utente e l’elaborazione dei dati personali è stata, fino ad oggi, decisamente più libera da vincoli e polemiche sulla privacy che non in Occidente.
La loro esperienza utente, per molti versi, è più “evoluta” e mira, con ancora più efficienza, a legare le persone alle piattaforme. In particolare si differenziano dalle corrispondenti occidentali per usare molti più elementi ludici che invogliano gli utenti ad accumulare “punti premio” o a competere con altri utenti per “salire di livello” e spendere ancora più tempo all’interno di queste app”.
Fintech e media company. In questo contesto sono le aziende che gestiscono servizi finanziari online ad essere le vere protagoniste, come scrive ancora Scott Galloway:
“L'elaborazione dei pagamenti è il servizio di super-app non negoziabile. È il collante che integra le funzionalità principali con quelle fornite da terze parti sulla piattaforma e offre agli utenti la comodità di non dover inserire i dati della carta di credito in dozzine di app e siti Web”.
Per questo Galloway si lancia in una previsione, abbastanza sorprendente: “Twitter sarà acquisito entro la fine del 2022, molto probabilmente da Salesforce o da una società fintech come PayPal o Stripe”. Per quanto azzardata possa essere questa previsione è lecito pensare che le più importanti aziende di servizi finanziari stanno pensando ad acquisire media company: recentemente si è parlato di una possibile acquisizione di Pinterest da parte di PayPal poi smentita, ma la strada sarà questa.
Dai giardini recintati alle “content fortresses”. In qualche modo l’evoluzione dei cosiddetti “walled garden” innescata oltre che da questo panorama anche dalla politica di Apple (e Google) sulla privacy nel limitare l’uso dei dati da terze parti, come fa notare The Verge:
“Se le piattaforme basate sulla pubblicità come Facebook non riescono a tenere traccia di come le persone interagiscono con altre app, lavoreranno di più per mantenere le persone nelle loro applicazioni il più possibile, specialmente per attività che coinvolgono denaro come lo shopping. Eric Seufert, un influente analista e consulente del settore pubblicitario, chiama questo fenomeno l'ascesa delle fortezze dei contenuti”.
Svolta social per gli streamer occidentali? Come detto molte delle app cinesi si caratterizzano per un elevato contenuto social, anche nello streaming ad esempio (cito ancora il mio libro Mediastorm): “su Tencent Music (l’alter ego cinese di Spotify) l’attività social e ludica è molto spinta, gli utenti possono creare direttamente sulla piattaforma i loro contenuti, invitare amici in sessioni di karaoke, con la possibilità di ricevere “mance” in denaro. Il modello di business di Tencent Music trasforma la musica da un prodotto di consumo solitario a uno stile di vita, un’esperienza da condividere”.
Netflix e altri streamer occidentali, proprio per quello che scrivevo nella scorsa newsletter, avranno bisogno di dare al mercato finanziario altri parametri oltre al solo numero di abbonati, puntando molto su quelli relativi al coinvolgimento e all’interazione dentro le loro piattaforme. Inoltre stanno puntando molto, per diversificare i ricavi, su merchandising e videogame, altre attività che potrebbero essere sostenute con attività social (e perché no?, funzionalità per content creator) interne alla piattaforme.
📝Tre storie da leggere (su media e cultura digitale)
1️⃣ La doppia morale di Spotify
La vulnerabilità di Spotify alle dinamiche della disinformazione è un fenomeno in parte strutturale, che ha a che fare con la natura stessa dello strumento podcast e con la difficoltà tecnica nel verificare affermazioni trasmesse attraverso audio, ma è anche il frutto di una serie di scelte di mercato rivelatesi più attente al profitto che all’accuratezza dei contenuti. Il caso più eclatante in tal senso riguarda Joe Rogan, popolare comico americano e autore del podcast oggi più seguito negli Stati Uniti, ma anche una delle più prolifiche fonti di teorie del complotto attualmente in circolazione.
► Spotify ha un problema con la disinformazione, un’analisi pubblicata dal progetto di fact-checking Facta (tempo lettura 10 minuti).
2️⃣ Cosa resterà di Clubhouse?
Un anno fa, a cavallo tra gennaio e febbraio 2021, Clubhouse era il social network sulla bocca di tutti (noi ne scrivevamo qui), e sembrava l’alba di un’era destinata a schiudere nuove possibilità di comunicazione. A dicembre quella grande visione era stata già derubricata a miraggio, e l’app era malinconicamente transitata nelle classifiche semiserie dei più grandi flop dell’anno. Nel mezzo è successo di tutto.
► Te lo ricordi Clubhouse? Un anno dopo, nelle room si parla ancora. Un bilancio della app in Italia e all’estero di Giulio Todescan su Blum (tempo lettura 7 minuti).
3️⃣ L’archivio perduto dell’hip-hop
L'hip-hop ha quasi 50 anni. Con il passare degli anni, i momenti seminali si allontanano dalla nostra vista. La storia della musica è piena di narrazioni alternative: dischi di acetato che si modellano nel seminterrato di qualcuno, nastri a bobina persi in un ripostiglio, tecnologia obsoleta come floppy disc in scatole polverose. Ora, mentre accademici, archivisti di musei e collezionisti stanno recuperando terreno, si trovano ad affrontare un ostacolo sempre più impegnativo: i danni del tempo.
► The Race to Save Hip-Hop’s Lost Eras, cosa ci dice la difficolta di trovare le prime storiche registrazioni dell'Hip-Hop sulla capacità di preservare momenti storici dell’industria dei media?, lo racconta bene Mosi Reeves su Pitchfork (tempo lettura 14 minuti).
✍️ Cose che ho scritto
Come si deve “misurare” oggi un giornale?
Tra cartaceo e digitale, è difficile capire quante persone leggono le notizie ogni giorno. Ma anche qui è cruciale trovare metriche condivise. E numeri che vadano oltre la semplice dittatura del clic.
► Cercasi dati disperatamente. Metriche e giornali. Mio pezzo per Link idee per la tv, nello speciale Metrix (tempo lettura 14 minuti)
📈 Chart, chart, chart!
🎶 La base globale di abbonati allo streaming musicale continua a crescere con 523,9 milioni di abbonati alla fine del secondo trimestre del 2021, con un aumento di 109,5 milioni (26,4%) rispetto all'anno precedente. (via Midia Music market subscriber shares 2021)
📉 Gli analisti prevedono un anno difficile per le società di streaming in abbonamento (Svod) in conseguenza a una massiccia vendita di azioni Netflix la scorsa settimana, causata dalle deboli previsioni di crescita degli abbonati. (via Axios)
📺 E a proposito di streaming video, ecco la classifica dei programmi originali più visti nel 2021 negli Stati Uniti secondo le rilevazioni di Nielsen.
👋Prima di salutarci…
Sognando la creator economy. La vignetta di Lars Kenseth sul New Yorker.
#Mediastorm: una newsletter sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 29 - 31 gennaio 2022.
→ #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online → Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
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[L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato].