#Mediastorm 24 – Cinque cose sull'industria pubblicità dei prossimi anni
I ricavi da pubblicità nel 2021 raggiungeranno, a livello globale, i 736 miliardi di dollari, 491 miliardi (il 66% del totale) arriveranno da digitale. Questo secondo il più recente aggiornamento, quello più rilevante perché di fine anno, del report This Year Next Year redatto da GroupM, il centro media più importante al mondo (a sua volta parte della holding WPP) presentato a inizio della settimana.
Per la precisione va detto che la pubblicità digitale, nel suo complesso ammonterà, secondo queste previsioni, complessivamente a 537 miliardi di dollari, comprendendo anche quelle che GroupM chiama “estensioni digitali” dei media tradizionali (Radio, TV e quotidiani per esempio); quindi quei 491 miliardi si riferiscono ai pure-player, ovvero ai proprietari di una qualche piattaforma digitale.
Facendo una semplice sottrazione è semplice dedurre che il valore delle “estensioni digitali” per i proprietari dei media tradizionali ammontano complessivamente a 46 miliardi ovvero l’8% di tutta la pubblicità digitale e il 6% di quella totale.
Il report propone molti dati da analizzare e approfondire, sui quali vorrei ritornare, per il momento mi sembra interessante metterne in evidenza giusto qualcuno.
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il ventiquattresimo numero di #MEDIASTORM una newsletter di appunti, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”).
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Il contesto generale. La pubblicità digitale (riferita ai pure-player) finirà probabilmente il 2021 con una crescita del 30,5%, escludendo la pubblicità politica degli Stati Uniti, che non è poca cosa considerando quello che ha significato nel 2020, la pubblicità digitale dovrebbe quindi rappresentare il 64,4% della pubblicità totale nel 2021, rispetto al 60,5% nel 2020 e al 52,1% nel 2019. Se si esclude la Cina (che ha sviluppato al suo interno quote di advertising digitale fuori scala, circa il 90%, rispetto al resto del mondo), la pubblicità digitale globale rappresenta il 58,7% di tutta la pubblicità nel 2021.
Fatta questa premessa metto in evidenza cinque punti che mi sembrano molto interessanti:
1 - Oltre il 50% di tutta l’industria pubblicitaria in mano a tre aziende (Cina esclusa). Secondo queste stime riferite al 2021 Alphabet (Google), Facebook (Meta) e Amazon rappresentano tra l'80 e il 90% del totale globale – esclusa la Cina – dei ricavi da pubblicità digitale e, di conseguenza, oltre il 50% del totale del settore, ovvero ogni e qualsiasi tipologia di advertising (era il 40% nel 2019).
La sempre maggiore concentrazione del mercato pubblicitario in mano a poche aziende non è una novità (ne ho parlato spesso anche qui in questa newsletter) ma le previsioni ci dicono che è una tendenza che sta ulteriormente accelerando, tra l’altro da posizioni di predominio già notevoli.
Sarà interessante vedere lo sviluppo delle aziende cinesi in questo mercato, in particolare ByteDance, la proprietaria di TikTok, che sta emergendo su tutte le altre e oggi è la terza azienda a livello mondiale per ricavi pubblicitari, superiori anche a quelli di Amazon (sulle mire espansionistiche in Occidente di ByteDance più sotto, nei consigli di lettura, trovate un articolo molto interessante).
2 - Distinguere tra digitale e non-digitale avrà sempre meno senso.
“Col passare del tempo, la distinzione tra la pubblicità digitale e non digitale diventerà sempre meno significativa tanto che i prodotti delle società di media saranno sempre più sfumati tra le linee che storicamente dividevano i diversi tipi di mezzi”.
È un passaggio del report molto interessante, per molti versi stiamo ancora oggi ragionando ponendo digitale e media tradizionali in contrapposizione come due mondi separati e in competizione, ma queste posizioni saranno sempre più sfumate e difficili da definire nel prossimo futuro.
3 - Per i proprietari dei giornali i ricavi pubblicitari continueranno a diminuire anche considerando quelli da digitale.
Dopo la drammatica flessione dei ricavi pubblicitari del 2020 gli editori di quotidiani vedranno un timido segno più nella differenza anno su anno, ma i prossimi anni verranno segnati, per loro, da una costante decrescita (ho evidenziato in rosso nel grafico preso dal report di GroupM la linea delle ascisse che segna lo zero).
Tutto questo considerate le cosiddette “estensioni digitali”, che allieveranno la decrescita ma non invertiranno la tendenza. Non a caso molti editori tradizionali oggi puntano sugli abbonamenti da digitale, mentre quelli che si basano tutto (o quasi tutto) sulla pubblicità sembrano essere ancora più deboli (il pessimo debutto di BuzzFeed in Borsa ci dice qualcosa in questo senso).
4 - L’ascesa della televisione “ibrida”
L'ascesa del mercato delle TV connesse a internet (le cosiddette smartTV) ha attratto sempre più investimenti pubblicitari, tuttavia la "nuova televisione" ha come protagonisti piattaforme totalmente prive di pubblicità (come Netflix e Disney+) quindi le opportunità di creare ancora nuovi spazi pubblicitari potrebbe ridursi nel tempo, secondo GroupM, favorendo una “ibridizzazione” del mezzo:
“Per far fronte a questa sfida, alcuni cercheranno di integrare meglio la gestione delle campagne su YouTube e sulla TV tradizionale invece che gestirle separatamente, come avviene tipicamente oggi. Nella misura in cui YouTube e la TV tradizionale convergono, ciò contribuirà a sostenere il ruolo di una nozione di televisione ampiamente definita nei media mix per molti, mentre per altri confonderà ulteriormente i confini tra TV, digitale e search advertising”.
5 - Di fatto ci sono due mercati pubblicitari, quello dei piccoli e quello dei grandi investitori
“Una lettura superficiale dei dati inclusi in This Year, Next Year potrebbe lasciare l'impressione che, poiché il 64% del mondo gli introiti pubblicitari sono generati dai media digitali e il 21% va alla TV, che i marketer stanno destinando il 64% dei loro budget ai media digitali e il 21% alla TV, in media. Sarebbe un’interpretazione errata, perché molti inserzionisti, specialmente quelli piccoli e quelli in cui le aziende operano interamente online, spesso destinano tutto o quasi tutti i loro budget ai media digitali, mentre le grandi aziende in genere collocano quote più elevate dei loro budget alla televisione”.
È un passaggio molto interessante del report perché ci dice come da un grande centro media come GroupM si senta la necessità di mettere in evidenza che quelli forniti sono dati e medie generali, all'interno delle quali troviamo situazioni molto diverse.
In particolare il fatto che sempre più l'industria pubblicitaria sia determinata, da una parte, da medi e piccoli investitori pubblicitari che alimentano i ricavi delle grandi piattaforme e, dall'altra, dai grandi marchi. Le grandi agenzie come GroupM non intercettano tutta quella enorme domanda “liberata” dal fai-da-te e dai prezzi economici di Facebook e Google, che sta però avendo sempre più peso; non resta loro quindi che rivolgersi ai grandi marchi, mettendo in evidenza come mezzi come la televisione (con i loro spot molto costosi e quindi accessibili solo a chi ha budget molto alti) abbiano ancora un ruolo nel formare la loro brand awareness.
Ultima nota: in settimana sono state pubblicate le previsioni di fine anno di altre due importanti agenzie: quelle di Magna Global (gruppo IPG) e quelle di Zenith (gruppo Publicis) che non differisco dalle previsioni di GroupM. Secondo Magna “a livello globale, i ricavi pubblicitari dei proprietari dei media sono cresciuti del 22% nel 2021 per raggiungere un nuovo massimo storico di 710 miliardi di dollari”, mentre Zenith “stima che la spesa pubblicitaria globale raggiungerà i 705 miliardi di dollari nel 2021, rispetto ai 634 miliardi di dollari del 2019 e salirà a 873 miliardi di dollari entro il 2024”.
📝Tre storie da leggere (su media e disruption digitale)
1️⃣ TikTok è destinata a sostituire Facebook?
TikTok è solo una parte di ByteDance e attualmente non contribuisce molto in termini di entrate, ma ByteDance ha un obiettivo più alto: utilizzate il successo di TikTok nei mercati occidentali come trampolino di lancio per la sua più ampia suite di app e servizi per diventare una Tencent o Alibaba occidentalizzata. ByteDance ha grandi ambizioni per i mercati esteri e la sua competizione con Facebook è diventata più evidente. La sua crescita nei mercati emergenti potrebbe essere un presagio di ciò che verrà. Potremmo persino assistere allo sviluppo di un nuovo futuro della tecnologia in cui le nostre vite sono modellate dalle sue app, proprio come sono state modellate dall'onnipotente famiglia di app di Facebook.
→ TikTok’s Next Big Move? To Become Facebook, ne è convinto Chris Stokel-Walker che lo scrive su Wired (tempo lettura 9 minuti).
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2️⃣ BuzzFeed si è quotata, e adesso?
BuzzFeed è forse la testata più nota di una coorte di editori digitali che, per un po’, sembravano potessero sostituire gli editori tradizionali. La loro ascesa ha spaventato le testate storiche e ha convinto per breve tempo gli investitori a buttare miliardi di dollari sulla loro strada. Poi le cose non sono andate tutte benissimo per gli enfant prodige dell’editoria, ma a torto o a ragione, in modo corretto o meno, tutte le società di media digitali saranno significativamente legate a BuzzFeed; la reazione degli investitori finanziari nel prossimo anno e mezzo circa, influenzerà molto le scelte future per la maggior parte degli editori digitali.
→ BuzzFeed’s a public company. Now what? Peter Kafka per Vox Media (tempo lettura 7 minuti).
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3️⃣La sfida digitale dei quotidiani locali italiani
Negli ultimi vent’anni, da quando internet ha cominciato ad avere un ruolo preponderante nell’informazione, molte redazioni locali sono state chiuse. Un’indagine approfondita pubblicata nel 2019 dal Wall Street Journal aveva mostrato che dal 2004 al 2018 negli Stati Uniti hanno chiuso circa 1.800 giornali locali, lasciando 200 contee senza un giornale. Nel frattempo, sono nate soltanto 400 testate locali online. Anche in Italia negli ultimi vent’anni molte testate locali hanno chiuso definitivamente, alcune hanno chiuso le redazioni distaccate che presidiavano piccoli centri, altre ancora hanno smesso di stampare il giornale cartaceo e sono rimaste solo online.
→ Cosa si stanno inventando i giornali locali, lo racconta in un pezzo molto documentato (del febbraio 2021) Riccardo Congiu su Il Post (tempo lettura 16 minuti).
📈 Chart, chart, chart
Le quote di mercato dell’industria musicale, l’agenzia Midia ha cercato di quantificare il peso delle etichette indipendenti in questo studio che tiene conto di alcune dinamiche del mercato dello streaming e della distribuzione gestita dalle major (molto interessante da leggere).
👋Prima di salutarci…
Una mappa di Internet nello stile di un vecchio atlante geografico, il grafico Martin Vargic l’aveva realizzata per la prima volta nel 2014, ma da allora le cose sono molto cambiate e oggi ha aggiornato quel suo primo lavoro, ecco quindi la sua nuova mappa di Internet versione 2021 a questo link anche in alta definizione.
#Mediastorm: una newsletter sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 24 - 12 dicembre 2021.
→ #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui la sua scheda, Lo puoi trovare in libreria oltre che sui principali store online:
Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
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[L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato].