#Mediastorm 15 – I quotidiani italiani abbandonati dalla "generazione di mezzo"
Qualche dato e brevi riflessioni su ultimo report Audipress
La scorsa settimana Audipress, la società che monitora e certifica il lettorato (la readership) della stampa in Italia, ha pubblicato il secondo dei tre report che realizza ogni anno. È sempre un documento interessante da leggere per capire come cambia l’identikit del lettore dei giornali nel nostro Paese.
Anche quelli di Audipress sono dati che, anno dopo anno, testimoniano la profonda crisi della stampa in Italia, nel dettaglio per quanto riguarda i quotidiani, nell’ultimo documento si attesta che mediamente ogni giorno 11,453 milioni di italiani (il 21,6% della popolazione di età superiore dai 14 anni in su) legge un quotidiano nella sua versione cartacea o nella cosiddetta “replica digitale”.
È un dato in flessione rispetto agli anni precedenti, compreso il travagliatissimo (almeno per le copie di carta) 2020, quando i lettori di quotidiani nel giorno medio erano 13,7 milioni e, se allarghiamo ancora di più la finestra temporale, vediamo che nel 2016 erano 18,1 milioni (il 34,2% della popolazione), una flessione in questi ultimi cinque anni, di circa 1,3 milioni di lettori ogni anno.
Tra i tanti dati forniti da Audipress mi limito qui un paio di riflessioni su età e abitudini di acquisto perché mi sembrano particolarmente rilevanti su quanto stia rapidamente cambiando da noi il rapporto tra quotidiani e i loro lettori.
Benvenuta, benvenuto io sono Lelio Simi e questo è il quindicesimo numero di #MEDIASTORM una newsletter di appunti, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”).
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I. C’è un primo dato da rilevare: i lettori dei quotidiani in Italia sono sempre più anziani, non è una notizia sconvolgente perché, ormai, lo sappiamo bene, l’età media dei lettori dei giornali è, in generale, in continuo aumento; ma se guardiamo alle tre principali fasce di età considerate da Audipress – 14-34 anni, 35-55 anni e oltre 55 – è proprio quest'ultima a far crescere di più il peso percentuale sul totale dei lettori medi dal 2016 a oggi
(nota: i dati per omogeneità sono tutti riferiti al secondo aggiornamento pubblicato da Audipress ogni anno).
Se nel 2016 il peso degli over 55 sul totale dei lettori di almeno un quotidiano il giorno era del 41,3% nel 2021, dopo una crescita costante, raggiunge il 48%. Praticamente un lettore su due è over 55.
Di contro le altre due fasce, nel medesimo periodo, vedono invece diminuire il loro peso; quella dai 14 ai 34 anni passa dal 22% del 2016 al 19,5% del 2021 mentre quella dai 35 ai 55 anni passa dal 36,7% al 32,5%.
Complessivamente sono 6,6 milioni i lettori e le lettrici persi nel giorno medio tra 2016 e 2021 mentre quelli tra 2019 e 2021 sono 4,4 milioni. Se guardiamo quali tra queste tre diverse fasce d’età ha contribuito di più a questa pesante flessione vediamo che è la fascia “di mezzo” (passatemi il termine) – quella dai 35 ai 55 anni – a causare il maggior calo di lettori e lettrici: il 44% dei lettori persi nel periodo 2016-2021 e il 46% nel periodo 2019-2021; mentre le altre due pesano sulla flessione rispettivamente nei due periodi il 26% e 21% (14-25 anni) e 30% e 33% (oltre 55 anni).
Non è un dato scontato se consideriamo che spesso si parla delle difficoltà di catturare l’attenzione dei più giovani da parte dei giornali (cosa per altro assolutamente vera), ma questi dati ci dicono che è l’abbandono della generazione di mezzo che più pesa sulla crisi di lettori in Italia. Va tenuto conto anche del fatto che la questa fascia d’età che ha un peso notevole sul totale della popolazione al di sopra dei 14 anni: circa il 35% (gli over 55 sono invece il 40% e i giovani tra i 14 e i 34 solo il 25%).
C’entra qualcosa Internet? Può darsi (in fondo si parla della generazione che aveva tra i 14 e 35 anni ad inizio degli anni Duemila), e può essere interessante guardare analisi più approfondite per capirlo; ma a sensazione credo che questo sia anche il risultato, con gli inevitabili interessi, di decenni di totale disinteresse dei giornali italiani verso generazioni più giovani (e magari di raccontarla quella generazione spesso in modo caricaturale).
II. L’altro dato da mettere in rilievo è l’aumento significativo di coloro che acquistano la copia che leggono. Se per anni questi sono stati una, netta minoranza negli ultimi anni sono cresciuti fino ad essere una, netta, maggioranza. In queste metriche Audipress usa come unità di misura il numero di “letture” generate dai lettori di almeno un quotidiano al giorno. Bene se nel 2016 la copie “ricevute da altri, prestate o trovate” generavano letture per il 56% del totale e, nel 2019 addirittura il 62%, nel 2021 queste scendono repentinamente al 32%.
Di contro le copie “comprate da me o familiare” o acquistate in “abbonamento” che nel 2016 assieme generavano letture complessive per il 44% nel 2021 salgono al 68%. In particolare le letture da “abbonamento” sono cresciute dal 3,5% del 2016 al 12,3 del 2021.
Certo c’è da tenere di conto dei lockdown e anche che parliamo di percentuali dentro un contesto di forte contrazione generale di lettori; ma detto questo le letture complessive derivate da abbonamento crescono anche in valori assoluti, dalle 909 mila del 2016 ai 2 milioni del 2021. Ha aiutato questa crescita la recente impennata dei lettori della replica digitale che hanno raggiunto nel 2021 il 16% del totale dei lettori.
Un'ultimissima cosa, è quanto mai necessario che questi dati trovino anche da noi in Italia un quadro più omogeneo nelle diverse piattaforme, carta, digitale, internet. La mancata fusione fra Audiweb e Audipress non è una bella notizia, per l’affidabilità dei dati forniti.
Piccolo bonus: detto questo ecco una chart che tenta di mettere tutto assieme (riferita al periodo 2016-2020): lettorato (Audipress), utenti web (Audiweb) e copie vendute (ADS).
📑 Tre cose #daleggere (su media e disruption digitale)
1️⃣ Come è difficile dirsi addio: sembra che ancora non sia finita del tutto la “storia” tra la Disney e Bob Iger – lo storico dirigente che ha gestito l'acquisizione da parte dell’azienda di Pixar, Lucas Film e la Marvel – non è più CEO da febbraio 2020 ma già dall’aprile successivo è stato nominato presidente esecutivo per gestire un difficile periodo di transizione, ha dichiarato ai suoi top manager: “In un mondo e in un’azienda inondati di dati, si è tentati di utilizzarli per rispondere a tutte le nostre domande, comprese le domande creative. Vi esorto tutti a non farlo”, una dura critica all’attuale CEO, sembra, che oggi sta puntando tutto sullo streaming. Alla Disney è in atto una guerra tra “innovatori e “tradizionalisti”?
→ Bob Iger’s Long Goodbye, il reportage sulle tensioni interne nel nuovo management della Disney di fronte ai molti cambiamenti imposti dal digitale, realizzato da Kim Masters per The Hollywood Reporter (tempo lettura 13 minuti).
2️⃣ Come abbiamo ascoltato la musica negli ultimi 25 anni, “quello che usiamo per ascoltare la musica spesso può essere memorabile quanto quello che stiamo effettivamente ascoltando. Esattamente come artisti, tendenze e stili hanno attraversato la cultura dalla seconda metà degli anni Novanta a oggi. Ricordi il rumore provocato dallo sbuffo meccanico di un cambia CD a tre dischi? O l'euforia di scorrere i tuoi album preferiti su uno dei primi iPod? O il modo in cui la suoneria che replicava il motivetto di successo pop ti faceva sapere chi stava chiamando il tuo telefono a conchiglia?
→ How We Listened to Music Over the Last 25 Years, una bella carrellata sugli strumenti e i device per l’ascolto della musica che si sono succeduti dal 1996, anno di fondazione del sito di cultura musicale Pitchfork, a oggi (tempo lettura 12 minuti).
3️⃣ Come è possibile che nessuno abbia previsto il successo di Squid Game? È diventato il contenuto in streaming più visto e discusso al mondo. La serie ci ha messo infatti davvero poco per diventare la più vista (secondo i dati forniti da Netflix stessa) in decine di paesi. Nessuno, a Netflix, aveva infatti previsto che Squid Game sarebbe diventata così grande così in fretta. In questo senso, la serie TV – con il suo successo grande, improvviso e imprevisto – è una tipologia di contenuto che ogni piattaforma di streaming vorrebbe ma che, fino ad oggi, solo Netflix sta riuscendo a produrre.
→ “Squid Game” non l’aveva prevista nessuno, il “caso” del successo della serie TV che per anni nessuno voleva produrre, spiegato (ovviamente bene) da Il Post (tempo lettura 6 minuti).
🔢 L’industria dei media in #numeri
Dati, valutazioni, budget pubblicitari emersi in settimana, insomma un po’ di riferimenti concreti per avere un’idea della dimensione delle industrie dei media nel mondo e in Italia.
🎙️ Podcast Italia. Il 2020 è un anno all’insegna della crescita per i podcast. I dati della Digital Audio Survey 2020 riportano un aumento di 4 punti percentuali del numero di ascoltatori di podcast nell’ultimo mese, che passano dal 26% al 30% della popolazione tra 16 e 60 anni. I dati 2020 confermano che i podcast riescono a intercettare le fasce più giovani di ascoltatori (52% di under 35), gli studenti (19% di studenti), ma anche le persone con livello di istruzione più alto (22% di laureati). (Via Ipsos).
📺 YouTube. Secondo recenti rapporti di analisti, YouTube TV è il più grande distributore di video multicanale virtuale in streaming (vMVPD) con oltre 4 milioni di abbonati negli Stati Uniti. (via NextTV)
📈 Netflix. Gli analisti di Cowen (società di consulenza finanziaria) stimano che Netflix abbia aggiunto 3,63 milioni di abbonati nel terzo trimestre, leggermente al di sopra della previsione della società di 3,5 milioni: “Il volume dei contenuti originali della seconda metà del 2021 sta accelerando e probabilmente aumenterà il coinvolgimento generando un tasso di abbandono potenzialmente più basso”. (via Investor Business Daily)
💰 Twitter ha trovato un modo per recuperare gli 809,5 milioni di dollari in contanti che sta sborsando per risolvere una causa tra azionisti: sta vendendo la sua piattaforma pubblicitaria MoPub. Solo un paio di settimane dopo aver annunciato l'accordo legale, Twitter ha rivelato che venderà MoPub per 1,05 miliardi di dollari in contanti ad AppLovin. Ad essere onesti, questo probabilmente non è stato richiesto dall'accordo. Per anni si è parlato che Twitter avrebbe venduto l'unità, che ha acquistato nel 2013 per azioni del valore di circa 342 milioni di dollari all'epoca. MoPub è cresciuto in modo significativo dall'acquisizione: ha raggiunto 188 milioni di entrate lo scorso anno, rispetto a 2,7 milioni nel 2012.
Prima di salutarci…
Undici anni, tra una copertina di Time e l’altra.
#Mediastorm: una newsletter sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 15 - 10 ottobre 2021.
→ #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui trovi la sua scheda, oltre che in libreria lo puoi trovare anche su principali store online ad esempio: Hoepli, Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli, Mondadori.
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[L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato].