#Mediastorm 01 - Industria italiana dei quotidiani 2010-2020 (parte I)
Un po' di dati su vendite copie, readership e ricavi pubblicità del sistema dei quotidiani in Italia.
COSA È RIMASTO DELL’INDUSTRIA ITALIANA DEI QUOTIDIANI dopo aver attraversato gli anni Dieci e l’anno della pandemia? Gli effetti dell’onda lunga della disruption di internet e dell’esplosione delle vendite degli smartphone si è combinata con quella della crisi economica derivata dalla Grande Recessione – la filiera italiana delle notizie alla fine del terribile (per lei) decennio 2010-2019 si è trovata ad affrontare l’anno degli interminabili lockdown.
In Italia le vendite di quotidiani sono passate, tra 2010 e 2020, da una media giornaliera di 4,4 milioni a una di 1,8 milioni di copie, e c’è da tenere presente che nel valore del 2020 sono conteggiate anche le copie digitali che Ads – la società che certifica i dati dei giornali in Italia – nel 2010 non le rilevava ancora, ma va detto che, queste pesavano a fine dello scorso anno sul totale complessivo di tutti i quotidiani, un misero 11%. Certo è cresciuta l’audience delle versioni web dei giornali, ma con quali – concreti – ritorni economici?
Benvenuta, benvenuto io sono Lelio Simi e questo è il primo numero di #MEDIASTORM una newsletter di appunti, segnalazioni, dati e approfondimenti su come la tecnologia ha trasformato/sta trasformando radicalmente le industrie dei media (e il nostro rapporto con i loro “prodotti”).
Questo numero è interamente dedicato alla prima parte di un’analisi sullo stato dell’industria italiana dei quotidiani, nel quale, per iniziare, metto insieme un po’ di dati per capire quanto gli anni della grande crisi economica e l’anno del Covid-19, che ci ha costretto tutti in casa per mesi, hanno trasformato l’assetto e gli equilibri degli editori italiani dell’informazione.
Il declino dell’advertising nei quotidiani italiani
Gli investimenti pubblicitari dell’industria italiana dei quotidiani secondo stime Zenith complessivamente sono passati dagli 8,6 miliardi del 2010 ai 7,5 miliardi di euro del 2019, in questo quadro regressivo gli investimenti pubblicitari nella stampa (quotidiani e magazine assieme) si sono ridotti nel medesimo periodo passando dai 2,2 miliardi agli 800 milioni di euro, subendo una flessione del 64%.
Le valutazioni di un’altra importante agenzia come Nielsen si discostano di poco: 8,8 miliardi di euro complessivamente per il 2019 dell’industria italiana della pubblicità, dei quali 875 milioni raccolti dalla stampa e, di questi, 536 intercettati dai soli quotidiani: una quota parte sul monte degli investimenti pubblicitari tra 5 e 6%. L’anno della pandemia da Covid-19 ha complicato ancora di più la situazione. L’industria pubblicitaria tra 2019 e 2020 in Italia ha perso – secondo stime Zenith e Nielsen – intorno al miliardo di euro per un deficit tra l’11 e il 13% anno su anno. I quotidiani hanno pagato con un secco -16%, riducendo ulteriormente il loro peso all’interno del sistema dell’advertising nazionale: un 4,8% per Zenith (5,7%, per Nielsen), lontano, lontanissimo da quel 15-16% che avevano nel 2010.
UNA CRISI A DOPPIA VELOCITÀ. Gli editori di quotidiani tra 2010 e 2020 hanno quindi subito due tendenze negative: la crisi del vecchio giornale cartaceo all’interno di un rallentamento generale del sistema pubblicitario italiano che, tra (pochi) alti e (molti) bassi, ha subito comunque un ridimensionamento, aggravato certo, dall’anno della pandemia ma, anche, da un andamento generale molto più timido ad altri paesi europei come Francia (sostanzialmente stabile) o Germania e Regno Unito (entrambe in netta crescita). Rispetto a queste altre realtà quello italiano è il mercato pubblicitario più debole: nel 2010 il “rapporto di forze” tra la spesa pubblicitaria sui quotidiani italiani rispetto a quelli tedeschi era di 1 a 5, nel 2020 la forbice si è allargata, il rapporto è di 1 a 10 (con Francia e UK seppure inferiore questo rapporto è rimasto, quantomeno, costante).
LA SVALUTAZIONE DEGLI SPAZI PUBBLICITARI. Guardando nel dettaglio l’andamento degli investimenti pubblicitari nei quotidiani – secondo i dati FCP la federazione delle concessionarie pubblicitarie – si vede come a soffrire di più sia stata la pubblicità nazionale che tra 2010 e 2020 ha perso 400 milioni (-68%) anche se flessioni decisamente accentuate le hanno avute anche la pubblicità locale e gli altri formati (legale, classificata, “di servizio”) che hanno perso, nel periodo, rispettivamente 270 e 147 milioni di euro.
Una crisi del sistema pubblicitario dei quotidiani italiani che risulta evidente anche dal declino del valore dei singoli spazi pubblicitari, nel 2010 quello medio della pubblicità nazionale era di 6.247 euro mentre nel 2020 si è ridotto a 3.020 euro una flessione del 52%, facendo una comparazione in valori assoluti non tenendo conto, quindi, della svalutazione che accentuerebbe ancora di più la diminuzione dei margini di guadagno. Non c’è dubbio che internet abbia generato una corsa al ribasso con il suo costo per mille clic, che si è estesa anche alla carta; guardando ancora le tabelle della FCP vediamo che ci sono anni nei quali la vendita di spazi rispetto all’anno precedente rimane costante o, addirittura, aumenta mentre i fatturati comunque diminuiscono. Siamo di fronte a una quella che tecnicamente può essere definita come una svendita.
Come si è trasformato il lettorato (readership) dei quotidiani in Italia?
Nel 2010 secondo Audipress gli italiani che leggevano un quotidiano erano, nel giorno medio, circa 24 milioni ovvero il 46% della popolazione, nel 2020 si sono ridotti a 12,6 milioni con una quota di penetrazione del 23% esattamente la metà rispetto a quella di fine 2010; certo l’anno della pandemia ha sicuramente determinato un’ulteriore flessione ma c’è da dire che il declino è stato comunque costante: a metà degli anni Dieci i lettori di quotidiani del giorno medio erano 18,7 milioni il 31% della popolazione e nel 2019 sono scesi al 29% con una flessione anno su anno che si è mantenuta sul 5-6% per poi precipitare del 20% nell’anno dei lockdown nonostante l’aumento considerevole dei lettori della versione digitale raddoppiati rispetto al 2019 (ma comunque limitati a un peso del 10% sul totale dei lettori).
Guardando ai dati Audipress c’è da notare un altro aspetto importante: nel numero di letture complessive sono nettamente aumentate nel 2020 quelle che hanno come fonte chi ha effettivamente acquistato un quotidiano: il 47,5% sono state generate da coloro che, secondo Audipress, lo hanno acquistato direttamente (loro o un familiare) ai quali si aggiunge un 8,7% derivate da chi ha ricevuto la copia per abbonamento; è la prima volta che viene superato il 50% di letture da chi ha (in qualche modo) pagato il giornale, perché sì, la readership è da sempre composta per la maggior parte da chi non ha acquistato direttamente una copia ma sostiene di averla “avuta da altri, prestata, trovata”, dal 2017 al 2019 ad esempio per una quota intorno al 60%.
Copie rese e abbonamenti
Del declino dei volumi copie vendute nel giorno medio ho accennato all’inizio di questa analisi, la flessione complessiva è stata tra 2010 e 2020 complessivamente di circa 2,5 milioni di copie (quindi una media di 250 mila copie perse ogni anno), la flessioni anno su anno più significative in termini assoluti si sono verificate nel 2014 e 2015 con una perdita complessiva di 700 mila copie, gli anni terribili dove si è concentrata quasi un terzo di tutta la flessione del periodo; guardando ai dati percentuali l’anno peggiore è quello appena trascorso, il 2020, con un -13% sul precedente.
Due indicatori importanti su efficienza della filiera editoriale sono le copie rese e gli abbonamenti, lo “scarto” della produzione ha costi molto alti e limitarlo, ovviamente, farebbe risparmiare un bel po’ di denaro; gli abbonamenti oltre che a portare liquidità in anticipo limitano proprio gli scarti.
In valori assoluti le copie rese sono diminuite – e ci mancherebbe, visto il consistente declino dei volumi di copie uscite dai centri stampa – quello che indica un sistema con grandi difficoltà è, però, la quota sulla tiratura che tra 2010 e 2020 è costantemente aumentata: oltre 10 punti percentuali, passando dal 27,3% al 37,5%. I volumi complessivi di copie rese si sono ridotti, nel periodo, molto meno in rapporto rispetto alle copie vendute: -41% contro -62%, così se nel 2010 la differenza tra volumi di venduto e resa era di 945 milioni di copie mentre nel 2020 è di soli 227 milioni, passando da 40 a 62 copie rese ogni 100 vendute. Giocando un po’ con i numeri e ipotizzando che gli editori fossero riusciti a mantenere quel rapporto tra copie vendute e rese del 2010 si sarebbe evitato di portare al macero, complessivamente in tutto il periodo dal 2011 al 2020, circa 850 milioni di copie, una media di 85 milioni di unità l’anno, magari non la soluzione a tutti i problemi ma sicuramente una boccata di ossigeno per tutto il sistema.
Di contro la quota di copie vendute tramite abbonamento sulla tiratura ha avuto un’evoluzione millimetrica, dal’6,1% del 2010 al 6,6% del 2020 con otto anni – tra 2012 e 2019 – con una quota inchiodata tra 5,8 e il 6,1%. In valori assoluti però il volume di copie vendute in abbonamento sono passate, in questi dieci anni più uno, dai 138 milioni ai 64 milioni di unità con una flessione del 54%. Non certo un bel segnale nell’era della Subscription economy, certo la nuova economia degli abbonamenti va trasferita soprattutto nel digitale per tentare di inseguire il “modello New York Times” (per quanto sulla scalabilità di questo modello in altre realtà molti, legittimi, dubbi si possano avere) ma questi presupposti dimostrano come a costruire una “cultura” dell’abbonamento in Italia si parta da posizioni di retroguardia.
→ Nel prossimo numero speciale di #Mediastorm mi occuperò di analizzare due campioni di testate nazionali: le “top 4” e l’altro gruppo composta da Il Giornale, Il Fatto Quotidiano, Libero e La Verità che per linea editoriale trovo interessante analizzare assieme.
#Mediastorm: una newsletter sul nuovo ordine mondiale dei media a cura di Lelio Simi - n° 01 - 06 giugno 2021.
→ #Mediastorm è anche il titolo del mio libro edito da Hoepli nella collana Tracce, qui trovi la sua scheda, lo puoi trovare anche su principali store online Hoepli , Amazon, Bookdealer, Ibs, Feltrinelli.
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→ L’immagine del logo e nella testata di #Mediastorm è di Francesca Fincato.