#Mediastorm Rassegna - Maggio 2025
Cose importanti da sapere, numeri notevoli, articoli e newsletter da leggere, infografiche fondamentali sul mondo dei media.
Benvenuta, benvenuto, io sono Lelio Simi e questo è il numero di #Mediastorm in formato “Rassegna” dove seleziono: notizie, dati, consigli di lettura, infografiche e, insomma, le cose importanti da sapere, secondo me, delle quattro settimane appena trascorse sui temi all’intersezione tra media, economia, tecnologia e giornalismo. Ah, se non lo sei già, puoi iscriverti a questa newsletter da qui:
Se hai suggerimenti, domande o segnalazioni da farmi puoi scrivere a questa email leliosimi@substack.com, oppure se quello che ho scritto ti suggerisce delle riflessioni che vuoi condividere, oltre che con me, anche con gli altri lettori puoi usare direttamente la sezione commenti, sarò felice di risponderti. Se invece vuoi consultare le altre puntate di questa newsletter pubblicate puoi farlo da qui ► Archivio #Mediastorm.
📌 IN EVIDENZA
AI generativa: il New York Times cede in licenza i suoi contenuti ad Amazon
Il New York Times ha annunciato di aver accettato di concedere in licenza i suoi contenuti editoriali ad Amazon che, in questo modo, potrà utilizzarli “per usi correlati all'intelligenza artificiale”.
✔ Perché è importante: si tratta in assoluto del primo accordo di licenza del Times incentrato sulla AI generativa. L’editore, come noto, è stato fin da subito nettamente contrario a concedere l’uso dei propri contenuti per implementare lo sviluppo della AI aprendo, già nel 2023, una dura battaglia legale (tutt’oggi ancora in corso) contro OpenAI e Microsoft per violazione del copyright. L’accordo con Amazon sembra però sembra disegnare un nuovo scenario.
✔ In generale: i contenuti del Times verranno utilizzati per fornire risposte in tempo reale alle domande degli utenti tramite riassunti e brevi estratti nei prodotti e servizi di Amazon, come l'assistente vocale Alexa. L’accordo garantisce inoltre ad Amazon l’accesso ai contenuti del Times per addestrare i suoi grandi modelli linguistici.
Nell’accordo sono compresi oltre agli articoli della testata giornalistica principale anche quelli NYT Cooking, il sito/app di ricette di cucina e The Athletic la testata sportiva del Times.
Non è stato fornito, ancora, nessun dettaglio a livello economico.
✔ Una domanda fondamentale: cosa ha spinto il New York Times a fare questo passo? Un’ipotesi è che l’accordo potrebbe rafforzare la posizione del Times in materia di copyright contro OpenAI.
Ovvero: una volta siglato dall’editore un accordo per concedere i propri contenuti ai fini di implementare l’AI a un soggetto terzo un qualsiasi altro utilizzo privo di un accordo simile “potrebbe non essere considerato un fair use” come ha fatto notare in un suo articolo Digiday.
Insomma si afferma che esiste un mercato per la licenza di contenuti editoriali per scopi di addestramento dei modelli LLM e che, quindi, le aziende tecnologiche devono muoversi dentro questo mercato se vogliono utilizzarli. E in effetti questa è ormai la strategia adottata dagli editori che, oggi, da una parte stringono accordi di licenza con alcune aziende tecnologiche e, contemporaneamente, sono in causa contro altre.
✔ Nel frattempo: il Times sta continuando a sviluppare al suo interno strumenti proprietari di AI generativa; in questo senso è molto interessante leggere la recente intervista pubblicata dalla newsletter Newsroom Robots a Zach Seward (qui un suo profilo pubblicato da Il Foglio), che dal 2023 è il direttore editoriale per le iniziative AI del Times, dove si spiega che la sua strategia “anziché affrettarsi a realizzare rapidamente implementazioni e integrazioni ad effetto è incentrata su un approccio più ponderato: una trasformazione lenta e pianificata sul lungo periodo”.
✔ In conclusione: l’accordo New York Times-Amazon pone una domanda: il sogno del Times di sviluppare in totale autonomia una AI generativa proprietaria è definitivamente tramontato?
Per questo sarà davvero molto interessante, quando (se mai) usciranno termini più dettagliati di questo accordo, capire oltre all’aspetto puramente economico (quanto Amazon paga il Times), se l’accordo prevede anche un passaggio di know-how tecnologico (da Amazon al Times).
Per gli editori la vera partita adesso, a mio modo di vedere, si gioca qui: non accontentarsi di un semplice rimborso economico per il “disturbo” procurato dalle big tech, ma acquisire da queste grazie alle partnership attivate, conoscenze tecnologiche per non finirne totalmente dipendenti.
🗒️ SUL TACCUINO
appunti su notizie, idee, questioni e temi da sviluppare
La creator economy si sta mangiando i media tradizionali: nel 2025 i ricavi pubblicitari delle piattaforme basate sui creatori digitali supereranno quelli dei contenuti professionali
Secondo WPP Media (il nuovo nome di GroupM il centro media del gigante inglese della pubblicità), i contenuti generati dagli utenti rappresenteranno una quota maggiore (poco più del 50%) dei ricavi pubblicitari di tutti i contenuti “professionali”. A fronte di questa rapida e continua crescita dei canali dei creator —TikTok, Instagram, YouTube — i soli ricavi pubblicitari video generati dagli utenti supereranno i 150 miliardi di dollari.
Queste previsioni le troviamo nel report “This Yer Next Year” di metà anno che WPP pubblica regolarmente secondo il quale: “quest'anno i creatori di contenuti dovrebbero vedere i propri ricavi derivanti da pubblicità, accordi con i brand e sponsorizzazioni aumentare del 20%. Si prevede che raddoppieranno, raggiungendo i 376,6 miliardi di dollari entro il 2030”.
I confini tra contenuti professionali e UGC sono sempre più sottili ha dichiarato Kate Scott-Dawkins, responsabile globale della business intelligence di WPP Media al The Hollywood Reporter.
A tal fine il team di analisti guidato da Scott-Dawkins ha modificato la sua tassonomia di spesa pubblicitaria per il report di quest’anno — sottolinea il sito The Drum — riflettendo le mutevoli linee di demarcazione tra i diversi tipi di media. La categoria di gran lunga più importante è quella dei "Content", che genera 628,8 miliardi di dollari di ricavi totali, con il digitale e i social media a dominare la categoria, seguita dalla TV lineare, dallo streaming TV, dall'audio e dalla carta stampata.
Netflix vs. YouTube: la competizione si allarga sul fronte dei contenuti di attualità?
È questa la teoria del giornalista ed esperto di media Matt Tani che sul sito Semafor ha diffuso in esclusiva la notizia che Netflix ha acquistato una serie pilota di Daily Beast il celebre sito di informazione e attualità. Il format dovrebbe prevedere puntate di circa 30 minuti incentrate su un evento o una serie di eventi di stretta attualità accadute nei giorni immediatamente precedenti alla messa in onda.
Se confermata questa notizia rappresenterebbe sicuramente un’ulteriore svolta per Netflix e una nuova invasione di campo del suo concorrente principale YouTube: testare un format prodotto in tempi rapidi suggerisce, fa notare Matt Tani, che il colosso dello streaming è interessato ai contenuti video più immediati e legati alla stretta attualità che caratterizzano la libreria, appunto, di YouTube.
Netflix, fa notare ancora Semafor, non è l'unica piattaforma di streaming che sta valutando contenuti più simili ai programmi in stile rivista di attualità. Amazon ha sperimentato in streaming uno speciale sulla notte delle elezioni condotto dall'ex anchorman del NBC Nightly News Brian Williams.
YouTube è sempre più TV (tradizionale)
Quattro utenti/mese attivi su dieci di YouTube a livello globale (il 38%) guarda sulla piattaforma contenuti televisivi e cinematografici tradizionali. Ovvero documentari, programmi TV e film rientrano tra le cinque tipologie di contenuti più viste su YouTube, secondo uno studio di Ampere Analysis una società di analisi dati del mondo dei media quasi
Come precisano ancora gli analisti di Ampere: “YouTube ha fatto molta strada dai suoi esordi, caratterizzati da scherzi, meme e video brevi generati dagli utenti. Queste tipologie di contenuti sono ancora estremamente popolari, ma adesso vediamo più programmi TV e film completi caricati dai principali studios, ed emittenti televisive. Documentari, programmi TV e film mantengono gli utenti sulla piattaforma più a lungo, aumentando il pubblico e creando nuove fonti di reddito. La facilità di accesso a YouTube tramite lo schermo TV è un fattore determinante nella popolarità dei contenuti di lunga durata sulla piattaforma”.
📉 INFOGRAFICA (ORIGINALE) DEL MESE
Copie rese nei quotidiani nazionali italiani: confronto 2014-2019-2024

Visto che l’infografica della scorsa Rassegna ha suscitato diverso interesse torno anche questo mese sull’argomento delle copie rese nei quotidiani italiani. In questa nuova infografica mi sono concentrato solo su dieci testate nazionali ma ho aggiunto i dati relativi, oltre al 2024, anche del 2019 e del 2014 in modo da poter apprezzare l’evoluzione di questa importante voce in una finestra di tempo decisamente ampia.
L’impostazione dell’infografica è la medesima di quella dello scorso mese: per ogni singola testata sulle “x” la percentuale della resa sul totale della tiratura e sulle “y” il volume totale di resa (accumulato complessivamente da gennaio a dicembre) espresso in numero copie.
Ho realizzato l’infografica anche in versione interattiva in modo che sia navigabile sia per singola testata sia per singolo anno, consiglio quindi di leggerla in questa versione.
Nel 2014 il volume totale delle rese accumulato da gennaio a dicembre da tutti i quotidiani censiti da ADS è stato di poco superiore ai 500 milioni di copie (503 milioni) ovvero 1,4 milioni di copie nel giorno medio; nel 2024 il volume totale totale è notevolmente diminuito 266 milioni di copie (740mila nel giorno medio) ma la quota percentuale della resa sulla tiratura è passata dal 30,4% al 39,5% un incremento di 9 punti percentuali.
Sebbene i volumi di copie rese nei dieci anni siano quasi dimezzati — soprattutto a seguito del drammatico calo di vendita di copie — la quota parte di scarto sul totale di copie stampate è continuamente aumentata a confermare, come anche in questa newsletter ho segnalato spesso, che i problemi sono a monte.
Anche per le singole testate, come evidente dall’infografica, il fatto che si stampino sempre meno copie non diminuisce, ma anzi, aumenta il grosso problema della quota parte di copie da portare al macero sul totale stampato.
Dall’infografica risulta come per le testate scendere sotto un volume di copie rese (ma ovviamente questo è un dato legato ai volumi di copie stampate e vendute) significa fare accelerare ulteriormente la quota di scarto, ovvero: più scende la quota di copie vendute la distribuzione nel canale edicola diventa sempre meno gestibile.
Il Corriere della Sera ha ridotto il volume totale di copie rese dai 39 milioni del 2014 ai 23 milioni del 2024 ma il peso della resa sulla tiratura è aumentato nel medesimo periodo dal 25% al 34% (+9 punti percentuali).
A Repubblica la resa totale annua è scesa da oltre 45 milioni a 19 milioni di copie tra 2014 e 2024 ma il peso dello scarto sul totale è aumentato dal 29% al 44%. Il +18 punti percentuali sulla quota di resa di Repubblica però non è un’eccezione: nel medesimo periodo Il Giornale (+17 p.p.), Libero (+22 p.p.) Il Sole 24 Ore (+18 p.p.). Aumenti significativi anche se meno elevati per Il Fatto Quotidiano (+11 p.p.), La Stampa (+12 p.p.).
Due eccezioni: Il Manifesto e Avvenire. Per quest’ultimo la quota di resa è stabile intorno al 25% ma va notato che la testata ha una distribuzione basata sugli abbonamenti, il canale edicola ha sulla tiratura un peso quasi irrisorio (intorno al 5%).
Più interessante è il dato del Manifesto che nel periodo 2014-2024 è riuscito a ridurre la quota di reso di 7 punti percentuali, certo c’è da tenere conto che al Manifesto, nel 2014, il peso delle copie rese aveva un valore decisamente elevato: 83%, difficile fare peggio, ma ha comunque valore sottolineare che è l’unico davvero in controtendenza.
🔢 IL NUMERO DEL MESE
Gli addetti del settore editoriale in Italia (quotidiani, periodici e l’editoria libraria) sono calati di oltre 1.500 unità (-11%) tra il 2019 e il 2023, passando in questo periodo da 14.000 a 12.400. Soltanto nel 2023, la flessione è stata di circa 500 unità (-3,8%).
AgCom ha pubblicato il suo studio “Focus Bilanci” per il settore media in Italia relativo a un periodo di tempo, 2019-2023, particolarmente interessante perché pre e post pandemia. In particolare, tra gli altri, lo studio analizza i settori Editoria e TV che interessano questa newsletter.
Lo studio merita un approfondimento ma, per il momento, ne estrapolo alcuni dati, oltre a quello messo in evidenza sull’occupazione nel settore editoria:
Il livello occupazionale del settore TV è molto più stabile con un incremento tra 2023 a 2022 seppure minimo +0.1% con il totale degli addetti che ha raggiunto quota 21.000.
Il settore editoria (esclusa la TV) ha effettuato investimenti complessivi per poco più 797 milioni di euro, tra il 2019 e il 2023, pari a una media del periodo del 3,9% dei ricavi.
Nel medesimo periodo l’andamento aggregato dei ricavi delle principali imprese editoriali (quotidiani e periodici non solo quelli legati all’informazione ma , anche ad esempio, i fumetti), ha registrato una riduzione complessiva dell’4,7% passando dai 4,35 miliardi di euro del 2019 ai 4,14 miliardi del 2023.
Gli introiti editoriali sono quelli che hanno sofferto maggiormente (-21,4% nel periodo e -7,0% nel 2023). La flessione della pubblicità è più contenuta guardando all’intero periodo: -7,7%; in leggera crescita nel 2023 (+0,3%), mentre i proventi da editoria libraria sono risultati in crescita (+18,1% nel periodo e +7,0% nel 2023).
L’andamento aggregato dei ricavi delle maggiori imprese del settore televisivo ha avuto una flessione del 7,5%, pari a circa -667 milioni di euro. Il valore complessivo dei ricavi è stimato, nel 2023, a 8,28 miliardi, +1,2% su base annua.
🔢 ANCORA UN PO’ DI NUMERI SU…
PODCAST. Secondo un rapporto della società di ricerca Owl & Co., l'industria globale dei podcast ha generato vendite per 7,3 miliardi di dollari lo scorso anno, più del doppio della maggior parte delle stime. La pubblicità rappresenta la stragrande maggioranza dei ricavi, che includono anche gli abbonamenti.
TV STREAMING. Secondo la società di ricerca Digital i, il numero di serie originali in streaming è diminuito di oltre il 25% lo scorso anno rispetto al 2022. Sono stati presi in considerazione quattro servizi: Netflix, Disney+, Max e Prime Video.
AUDIOLIBRI. Il sito Statista ha pubblicato un po’ di dati sul mercato globale degli audiolibri: si prevede che il fatturato globale di questo settore raggiungerà i 9,85 miliardi di dollari nel 2025 con un ricavo medio per utente (ARPU) di 6,20 dollari. Un mercato, secondo queste stime, in crescita: entro il 2030 si prevede un fatturato globale di 13,30 miliardi di dollari (CAGR del 6,21%).
Negli ultimi quindici anni mi sono occupato di innovazione nel mondo dei media pubblicando inchieste, saggi, reportage, sviluppando progetti editoriali e, tra i primi in Italia, utilizzando le tecniche del data-journalism per fare emergere le storie, le strategie e i contesti economici che plasmano queste industrie.
Grazie a questo come professionista e giornalista indipendente oggi posso aiutarti a trovare le domande veramente importanti da porti per muoverti al meglio all’interno di un ecosistema come quello dei media in continua trasformazione.
In molti hanno cercato di “spiegare” il mistero di Mr Beast lo youtuber oggi appena 27enne che intorno al successo clamoroso dei suoi video ha costruito una media company, Beast Industries, valutata 5 miliardi di dollari; per tutti quelli che ci hanno provato, alla fine, il punto di partenza sono queste due domande: perché MrBeast ha così tanto successo? Cosa ci dice il suo successo sulla cultura che lo ha generato?
L'ultimo in ordine di tempo a tentare di dare delle risposte a queste due domande è il giornalista Mark O'Connell (in Italia lo conosciamo soprattutto per il suo “Essere una Macchina” edito da Adelphi e “Appunti da un’Apocalisse” edito da Il Saggiatore) che per il Guardian ha scritto questo long read.
► ‘The Mozart of the attention economy’: why MrBeast is the world’s biggest YouTube star, Mark O’Connell, The Guardian (tempo lettura 22 minuti).
👋 PRIMA DI SALUTARCI

È davvero tutto per questo numero, grazie per aver letto fino a qui. Alla prossima puntata.
Lelio.